di James Franco
Parlo qui dell'’Apocalisse di Jonah Hill. Sarà particolarmente spassoso.
Jonah è una persona estremamente divertente, un brav'uomo adorabile, pieno di qualità e con molti assi nella manica. Ha un potenziale enorme. Anch'io lavoro nell'intrattenimento, ma vesto abiti molto diversi.
Io, James Franco, stando all'aspetto esteriore - ovvero il caucasico maschio alfa - sono attualmente definito dalla Bibbia dei Produttori Esecutivi, dei Direttori dei Casting e dagli Studios come:
Caucasico, protagonista o non protagonista di drammi, Bromance, commedie stoner, Broadway e strane merdate indipendenti: etnicamente appartenente, grosso modo, all'ambiente della East Coast - un posto che 70 anni fa sarebbe stato occupato da Clark Gable o Cary Grant - quello poi progredito e definito in una categoria dagli italiani degli anni '70 come DeNiro e Pacino e dai duri e/o sensibili ragazzi ebrei interpretati da Dustin Hoffman.
All'inizio della sua carriera, comunque, Jonah veniva assunto per vestire gli stessi panni di Seth Rogen, quelli dell'"Ebreo Simpatico dalla Parolaccia Facile" - una forma più realistica, più affidabile, meno allucinata di John Belushi (o James Belushi, secondo Rogen) e del suo discendente pop, Chris Farley.
Poi le cose sono cambiate e culminate in The Wolf of Wall Street, acclamato da critica e pubblico. E' evidente ora che Jonah ha percorso una strada molto diversa da quella che ci si aspettava, una strada che sta velocemente svoltando nella Totale Grandezza.