Ieri la Sony Pictures ha deciso di bloccare l'uscita nelle sale di The Interview, ultimo film con James Franco, scritto, diretto e interpretato da Seth Rogen. Oggi la major americana ha anche comunicato che per il film non è prevista alcuna uscita alternativa (né in dvd né in VOD né in streaming ecc.) La scelta è stata dettata dalla decisione delle sale cinematografiche statunitensi di non proiettare il film in seguito a delle minacce ricevute da parte di un gruppo di hacker legato al governo nordcoreano.
Ma andiamo per ordine e ripercorriamo le tappe di questa vicenda che ha del paradossale.
Nel 2013, a ottobre, sono iniziate le riprese del film in questione, The Interview, storia comica di uno strampalato e cialtrone conduttore di un talk show (Franco) e del suo produttore (Rogen), ingaggiati dalla CIA per andare in Nord Corea con il pretesto di intervistare il dittatore Kim Jong-un, ma in realtà con l'ordine di ucciderlo. Non si sa se i due protagonisti porteranno a compimento la missione o meno, l'avrebbero scoperto gli spettatori, una volta visto il film.
Man mano che la data di uscita di The Interview si faceva più faceva più vicina, il governo nordcoreano si è fatto sentire, manifestando (in modo neanche troppo celato) la propria contrarietà all'uscita della pellicola. A giugno scorso il portavoce del dittatore Kim Jong-un ha puntualizzato, in un'intervista al quotidiano britannico The Telegraph, che:
"[...] un film sull'assassinio di un leader straniero rispecchia ciò che gli USA hanno fatto in Afghanistan, Iraq, Siria e Ucraina e non va dimenticato chi ha ucciso Kennedy: gli americani. Il presidente Obama dovrebbe fare lui stesso attenzione, nel caso i militari statunitensi decidessero di uccidere anche lui."
Tutta questa situazione è apparsa subito grottesca, tanto che nessuno ha dato importanza alla cosa. Ma qualche giorno dopo è arrivato un attacco ben più duro, che includeva una minaccia tutt'altro che allusiva, direttamente dal portavoce del ministero degli esteri nordcoreano, il quale, in un comunicato, ha dichiarato:
"Il nemico è andato oltre i limiti della tolleranza nelle loro disprezzabili mosse per tentare di danneggiare la dignità del leader supremo. […] La distribuzione del film è un non mascherato atto di terrorismo e una azione di guerra. […] Coloro che hanno diffamato il nostro leader supremo e commesso atti ostili contro la Repubblica Popolare Democratica di Corea non potranno mai sfuggire alla severa punizione riservata dalla legge, ovunque si trovino nel mondo. E se l'amministrazione statunitense sarà connivente e patrocinerà le proiezioni del film, sarà considerato come un invito ad utilizzare forti e spietate contromisure."
Il fatto che un governo si sia sentito attaccato e "costretto" a "utilizzare spietate contromisure" è un'ulteriore conferma della spregevolezza di ogni dittatura, che ha come dovere morale quello di sopprimere (sul nascere) qualsiasi elemento che possa indurre la popolazione anche solo a pensare. D'altra parte, però, questa reazione la dice lunga sul potere e la forza che ancora (per fortuna) hanno il cinema e la cultura in generale.
Tuttavia, anche queste dichiarazioni sono state, per lo più, ignorate e ridicolizzate. Ma in Nord Corea c'era poco da scherzare e le minacce si sono concretizzate proprio in questi giorni. Un gruppo di hacker autobattezzatosi Guardians of Peace ha attaccato i server della Sony, rubando le loro proprietà intellettuali, email personali e materiale sensibile e assolutamente privato e annunciando stragi terroristiche ai danni delle sale che avrebbero proiettato il film. Ecco le testuali parole degli hacker:
"Attenzione. Noi ci manifesteremo a voi in ogni singola ora e ogni singolo luogo in cui verrà proiettato The Interview, incluse le première. Quanto sarà amaro il destino di chi cercherà il divertimento nel terrore. Presto tutto il mondo vedrà che brutto film ha prodotto la Sony Pictures Entertainment. Il mondo sarà pieno di paura. Ricordate l'11 settembre 2001. Consigliamo di tenervi lontani da quei posti in quei giorni. (Se abitate vicino, meglio che ve ne andiate). Qualsiasi cosa accada nei prossimi giorni, la colpa sarà dell'avidità della Sony Pictures Entertainment. Tutto il mondo incolperà la SONY."
La major ha, così, deciso di ritirare dalle sale tutte le copie di The Interview, rispettando la decisione degli esercenti e avendo a cuore la loro sicurezza e quella degli spettatori, pur consapevole dell'ingente perdita economica e intellettuale derivante da questa decisione.
La scelta della Sony è sicuramente giudiziosa, razionale, ma è una scelta che fa pensare non poco. È giusto, soprattutto in un Paese democratico, paladino dei diritti civili e delle libertà personali, cedere in questo modo e far vincere, di fatto, il terrorismo? Sottomettersi alla volontà di un dittatore e sopprimere la libertà di espressione un regista che ha solo scritto una commedia? La Sony, con questa scelta, ha creato un precedente molto pericoloso, ma che, oggi, fortunatamente, può essere scongiurato. Nell'era dell'informatica, infatti, il film prima o poi uscirà. Giocoforza, circolerà. Su piattaforme legali o illegali. E avrà successo. Perché tutta questa questione non sta facendo altro che aumentare la pubblicità al film e accrescere la curiosità in quelle persone che non sapevano nemmeno chi fosse Seth Rogen o di cosa trattasse The Interview. Così il film sarà visto da molta più gente di quella che avrebbe pagato il biglietto per vederlo nelle sale. Così deve essere e così sarà.
di Chiara Fasano
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