di Chiara Fasano
Ci sono film che, per le loro tematiche, sembrano tutti uguali. I film americani sui teenager ad esempio. Quante volte abbiamo visto liceali alle prese con le prime esperienze nel mondo degli adulti? Atleti e cheerleaders, secchioni e disadattati, gay e bulli: un carnevale di tipi fissi che cinema e tv ripropongono ogni stagione. Ma poi ci sono registi che, grazie alla loro personale visione e al loro gusto, prendono in mano questi soggetti cristallizzati e danno loro vita, creando qualcosa di nuovo.
E' questo il caso di "Palo Alto" di Gia Coppola (ultima discendente della dinastia creativa capeggiata dal nonno Francis Ford), visto durante la 70a Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. Basato sulla raccolta di racconti "Palo Alto: Stories" (in Italia edito da Minum Fax con il titolo "In Stato di Ebbrezza" e tradotto da Tiziana Lo Porto), scritti da James Franco, anche produttore e interprete del ruolo del Coach B., il film incrocia le storie di diversi studenti di una stessa scuola, nel libro protagonisti di racconti distinti. Personaggi dotati di una forte caratterizzazione, per nulla tipizzati. Come James Franco aveva fatto nei racconti, così Gia Coppola, nel film, attribuisce loro una profonda complessità, avvicinandoli alla realtà e innescando nello spettatore un sentimento di tenerezza ed empatia, di solito poco frequente di fronte a questo tipo di soggetti.
C'è Emily (Zoe Levin), la ragazzina che ha bisogno d'amore più degli altri e che crede di trovarlo dandosi con facilità ai suoi compagni di scuola. La storia di questo personaggio è l'incrocio di due storie narrate nel libro: quella di Emily dell'omonimo racconto e quella della Pam di "Chinatown", di cui Franco narrava la tristissima vicenda di abusi sessuali, cupa, amara e a tratti disturbante, con realismo e schiettezza. Vicenda che nel film viene condensata in un'unica, bellissima scena luminosa in cui la camera segue Emily che cammina e saltella, la chioma bionda ondeggia e la sua triste storia è affidata solo al racconto di una voce fuori campo.
L'eleganza della mano di Gia Coppola è uno dei pregi più grandi del film. Elegantissima è anche la scena con protagonista un altro personaggio forte, April (Emma Roberts), quella in cui scopre il sesso con il suo professore di ginnastica (James Franco). Anche qui ogni gesto è lasciato all'immaginazione. Tutto ciò che vediamo è una serie di splendidi primi piani della ragazza, illuminata da un uso sapientissimo della fotografia. Gia Coppola riesce sempre a mantenere il giusto equilibrio stilistico, raccontando con gusto e profondità una storia, quella della relazione di una studentessa con il suo professore, che in altri casi si sarebbe prestata all'abbandono a facili stereotipi.
A forti personaggi femminili si affiancano forti personaggi maschili: Fred (Nat Wolff) e Teddy (Jack Kilmer). Fred appare come il classico bullo nato per cacciare nei guai se stesso e gli altri (soprattutto il suo migliore amico Teddy), ma alla fine si rivela il ragazzo più fragile e insicuro di tutti. E poi c'è Teddy, il personaggio più riuscito del film, e del libro. Sensibile, taciturno, pensieroso, la sua storia è la più tenera e commovente. Teddy ha l'animo degli artisti. Diversamente dai suoi coetanei, vede le cose al di là della superficie.
Esattamente come la sua regista, che da un bellissimo libro, ha tratto un bellissimo film, fedele al suo spirito e alla complessità dei suoi contenuti, ma stilisticamente molto diverso. Gia Coppola ha dimostrato, così, di avere una sua personale visione delle cose, una sua voce. Che non è niente male.
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