di James Franco
Le nostre opinioni sulla fama, ciò che si è disposti a fare per conquistarla e perché ci importa così tanto. Questioni affascinanti, ma insidiose. Prendiamo Bling Ring ad esempio. Nancy Jo Sales ha raccontato per la prima volta la storia della banda di teenagers che rubò più di 3 milioni di dollari a varie celebrità in un articolo su Vanity Fair intitolato "The Suspects Wore Louboutins" (I sospetti indossavano le Louboutin), articolo che poi ha approfondito nel libro The Bling Ring: How a Gang of Fame-Obsessed Teens Ripped Off Hollywood and Shocked the World (Bling Ring: La gang di ragazzini che ha fregato Hollywood e sconvolto il mondo). Nel 2013, Sofia Coppola ne ha tratto un film con protagonista Emma Watson.
Come evidenzia Sales nel libro, in quanto società, non possiamo non stare attenti ai giovani criminali e ai ragazzini privilegiati che si comportano male. Sono i Principi Hal dell'era moderna, rubano e bevono prima di diventare Re Enrico. Possiedono tutta la bellezza e il potenziale della giovinezza, ma sguazzano nella distruzione piuttosto che tentare una costruzione. Quando una generazione più vecchia è testimone di questo percorso rovinoso, di queste sfide di una giovane generazione che ignora la propria condizione privilegiata, collettivamente pensiamo, ragazzi, abbiamo davvero toccato il fondo. Nella prefazione al libro, anche Sofia Coppola esprime questa osservazione. Dice a Nancy Sales di sentirsi una vecchia perché resta sconcertata davanti all'ossessione dei ragazzi di Bling Ring per la fama, il gossip e lo stile di vita delle star; sottolinea come questa ossessione si sia intensificata al punto che Us è diventato un settimanale e i servizi sulle celebrità adolescenti sono aumentati in modo esplosivo, alimentando ulteriormente la sete di gossip di squali come TMZ e Perez Hilton. Eppure il film di Sofia Coppola non fa una critica della cultura che tanto la disgusta. Certo, quella è l'intenzione: sebbene i suoi personaggi non siano certo dei modelli di comportamento—sono superficiali, insensibili, megalomani—il loro stile di vita sembra divertente, spensierato e, in ultima analisi, glamour. Quale adolescente non vorrebbe guidare una macchina a ritmo di rap, saltare la scuola e andare sulla spiaggia, ubriacarsi alle feste, girare per locali e vestire abiti firmati? Le rapine diventano la loro specialità, la loro chiave per i 15 minuti di celebrità, l'accesso al paradiso delle celebrità che prima immaginavano soltanto sugli schermi dei computer in cui i loro idoli—Paris Hilton, Lindsay Lohan, Miranda Kerr ecc.—vivono.
Vogliono essere famosi e l'articolo, il libro e il film contribuiscono a renderli famosi. Il Los Angeles Times ha dato loro l'appellativo "Bling Ring", il che li fa sembrare una combriccola cool, piuttosto che un mucchio di ragazzi vandali e vuoti. L'attenzione che hanno ricevuto è la naturale continuazione delle loro pretese. In quest'era di frenesia mediatica e quantificabile attenzione digitale—"Quanti mi piace hai avuto?"—non esiste gossip negativo.
Nancy Sales ha scritto il libro con l'intenzione di esaminare e criticare questa specie di cultura malata. Ma inevitabilmente, più punta il faro su questi degenerati affamati di attenzione, più essi stessi sembrano risplendere nel bagliore dell'attenzione. Nel suo libro su personaggi di fumetti, Supergods: Our World in the Age of the Superhero (Superdei: il nostro mondo nell'eta del supereroe), Grant Morrison fa oscillare un pendolo culturale tra la ribellione dei punk e quella degli hippie, ovvero come la ribellione definisce queste due categorie e la sua opinione è che il pendolo ondeggia tra quei due poli ogni vent'anni. Nell'età dell'appropriazione, del copia-incolla del Do-It-Yourself, del postmodernismo e dell’autoreferenzialità - un'età in cui "L'Estasi dell’Influenza" di Jonathan Letham è sempre più attuale—i ragazzi del Bling Ring sono i nuovi punk? Se così è, è infinitamente triste, ma interessante.
Ha senso. Questi ragazzi sono cresciuti nella cultura per cui attenzione significa potere, poco importa il valore di quell'attenzione e le azioni che l'hanno attirata. Abbiamo dato a Paris Hilton e Lindsay Lohan quel tipo di potere. I ragazzi del Bling Ring sono in linea con quello che è stato loro insegnato o che hanno imparato per osmosi, dipende da come la vedete. I Bling Ringers non si limitano a leggere quello che i tabloid e i siti web dicono sulle celebrità; sono i Bling Ringers che parlano delle celebrità. Certo, non sono unicamente guidati dalla sete di fama; anche il denaro ispira quello che fanno durante le loro ebbre stranezze e le due cose insieme sono il motivo per cui i ragazzi del Bling Ring rubano e continuano ad essere visti come notabili membri della società piuttosto che come bambole per carcerati di varie prigioni della contea di Los Angeles.
Se denaro e fama erano le due iniziali barriere al loro scopo di diventare i nuovi Paris o Lindsay, ha senso che la loro formula per ottenere la celebrità fosse rubare oggetti alle celebrità e sperare di essere scoperti. Questo, ovviamente, col senno di poi; sono stati arrestati in seguito alla soffiata anonima di qualcuno davanti al quale si erano vantati delle loro multiple scorribande. Si sono appropriati dell'attenzione mediatica di queste star, "guadagnando" il perfetto guardaroba e la reputazione necessaria per fare colpo e aggiudicarsi il proprio reality show—la ribellione punk ai tempi dell'appropriazione. (Io non sono escluso da tutto ciò, visto che anch'io ne sto scrivendo.)
E' questa la bellezza e l'orrore della cultura dei giovani oggi. E' ciò che Harmony Korine ha esplorato in Spring Breakers: se va sempre tutto bene, se viviamo le nostre vite come se fossero un film, probabilmente sarebbero un film. Nel libro di Nancy Sales, una dei Bling Ringers dice che essere "FOF"—Famous On Facebook—è indice di celebrità, almeno nel suo mondo. Vogliamo tutti entrare nella cittadella, ma tristemente, uno dei punti di accesso alla cittadella oggi è l'infamia.
fonte @VICE, traduzione italiana Chiara Fasano
Quanta malinconia James!:(
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