domenica 26 gennaio 2014

Ultime notizie su "Queen of The Desert"



Vi avevamo annunciato che, prima di calcare le scene di Broadway con lo spettacolo teatrale tratto dal romanzo "Uomini e Topi" di John Steinbeck (il debutto è previsto per il prossimo 19 marzo), James Franco avrebbe lavorato con il grande cineasta tedesco Werner Herzog. Nelle scorse due settimane, infatti, Franco è stato in trasferta in Marocco, per le riprese di "Queen of the Desert", film su Gertrude Bell (interpretata da Nicole Kidman), viaggiatrice, scrittrice, archeologa, esploratrice, cartografa, agente segreto e diplomatica per conto dell'Impero Britannico che visse all'inizio del XX secolo e famosa per aver sostenuto la Rivolta araba nel corso della Prima Guerra Mondiale.

Se James ha appena terminato di girare le sue scene con Nicole Kidman, l'account Twitter ufficiale del film ci informa che gli altri co-protagonisti, Robert Pattinson e Damien Lewis, arriveranno a breve in Marocco. Ecco qualche foto pubblicata su Instagram da James Franco, tra le dune di Marrakech e in pausa mentre chiacchiera con il regista.

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Terminate le riprese di "The Sound and The Fury"



Sono terminate l'11 gennaio le riprese della seconda unità di The Sound and The Fury, decimo lungometraggio diretto da James Franco. Questa parte del film è stata girata nei set Universal di Santa Clarita, Los Angeles, dove il Golden Oak Ranch è diventato lo scenario ideale per riprodurre i luoghi del Mississippi in cui è ambientata la vicenda della famiglia Compson, protagonista della storia.

Un salto di qualità per la Rabbit Bandini Production di James Franco e Vince Jolivette che non avevano mai prodotto un film girato in una location così importante. Lo avrà notato con entusiasmo lo stesso James Franco, a giudicare da cosa ha scritto su Instagram: "Directing sound and the fury at universal -real Hollywood movie"

Ecco qualche foto scattata sul set durante le riprese di questa unità:

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all photos are courtesy of ©JessicaChou

Ecco il trailer di 'Child Of God'

Dopo il teaser diffuso a ridosso del Festival di Venezia, arriva il full trailer di Child of God. Diretto da James Franco e interpretato da uno strepitoso Scott Haze, il film è la trasposizione dell'omonimo romanzo di Cormac McCarthy. Qui la nostra recensione.

James Franco su Modern Weekly China



James Franco posa per un servizio fotografico in bianco e nero nel numero di gennaio di Modern Weekly China. Fotografato da Doug Inglish, veste un look casual floreale della nuova linea Gucci, curato da Tim Lim.




venerdì 17 gennaio 2014

The Wolves of Hollywood



di James Franco

Ecco, più o meno, come immagino sia andata la genesi di The Wolf of Wall Street:

Marty e Leo volevano di nuovo lavorare insieme, ovviamente; insieme hanno una bella lista di successi alle spalle, da Gangs of New York in poi. Quando cominciò, la loro relazione si rivelò subito vantaggiosa per entrambi, pur giungendo i due da direzioni diverse: erano entrambi dei talenti, ma all'epoca Scorsese era il decano del thriller ormai ignorato dalla critica e dotto di storia del cinema, mentre Leo era l'ex beniamino della critica, la cui intera identità era stata eclissata dalla sua fama mondiale pari a quella dei Beatles dei tempi d'oro. Scorsese potè realizzare il suo film dei sogni progettato per decenni e Leo essere diretto dal suo eroe. Gangs of New York non è la migliore delle loro collaborazioni, ma almeno li ha fatti incontrare e poi i loro film successivi sarebbero stati migliori e il loro successo avrebbe raggiunto l'apice con il trionfo a lunga scadenza che è stato The Departed. Giunti a The Wolf of Wall Street, sono sicuro che fossero in sincronia come i gemelli ATL, quanto al modo di lavorare e al tipo di materiale che volevano esplorare.

The Dark Appeal of ‘Blackfish’



di James Franco

Parlano tutti di Blackfish, il nuovo documentario sulle balene killer addestrate per fare degli spettacoli nei parchi di divertimento. Nello specifico, si tratta delle orche in cattività del parco acquatico Sea World, le quali si sono violentemente ribellate contro i loro addestratori e contro gli spettatori.

Si può dire che sia una sorta di film attivista, ma il messaggio sui diritti degli animali è ben analizzato, perché gli effetti sono brutali e richiedono attenzione da parte del pubblico. Ed è così strano pensare che giganteschi mammiferi marini, altamente intelligenti, non dovrebbero essere messi in cattività? Vivono in unità familiari verosimilmente legate da rapporti più stretti di quelli delle famiglie umane e parlano perfino una loro lingua e un loro dialetto. Così, quando individui di diversi branchi sono messi insieme e spiaccicati l'uno con l'altro per dare spettacolo in piscine strettissime, le cose possono rapidamente diventare tese e ostili.

martedì 14 gennaio 2014

Maladies: uscita a marzo su iTunes e VOD



Ad una anno dalla premiere mondiale al Festival di Berlino abbiamo finalmente notizie sulla distribuzione di Maladies. L'esordio alla regia di Carter con James Franco, Catherine Keener, Fallon Goodson, David Strathairn e Alan Cummin arriverà in download su iTunes e in VOD (video on demand) il prossimo 18 marzo grazie alla Tribeca Film. E' prevista anche un'uscita in alcune sale selezionate a partire dal 21 marzo.

domenica 12 gennaio 2014

James Franco vince il premio LAFCA



Nonostante la mancata nomination ai Golden Globes, non tutto è perduto per James e la sua corsa agli Oscar 2014. Continuano ad arrivare infatti i premi dalla stampa americana. L'ultimo, ieri sera ai LAFCA, come miglior attore non protagonista per 'Spring Breakers'. Quello del Los Angeles Film Critics Association è un riconoscimento di peso e spesso anticipatorio delle scelte dell'Academy. Non ci resta che incrociare le dita e aspettare il prossimo 16 gennaio per l'annuncio delle candidature.

James Franco su GQ Taiwan



Prima cover dell'anno per James Franco, scelto da GQ Taiwan per il numero di gennaio. Lo scatto di Nick Wilson non è inedito e fa parte del photoshoot già pubblicato su GQ UK a novembre.

sabato 11 gennaio 2014

Il significato delle 'selfie'



di James Franco
pubblicato su NY Times / traduzione italiana Chiara Fasano

Le selfie sono una cosa nuova per me, ma dal momento che sono diventato sempre più Instagram-dipendente, sono stato accusato di postarne fin troppe. Mi hanno citato al "Today" show e mi hanno perfino chiamato il re delle selfie.

Sarà pure così, ma solo perché ho imparato che le selfie sono i post pubblicati più frequentemente — e che attirano un numero maggiore di "mi piace" da parte dei propri follower. I "mi piace" arrivano senza controllo per le mie selifie quando ritraggono me e i miei due bellissimi fratelli, specialmente Dave, l'altro attore, che attira anche le sue legioni di fan adolescenti.

So anche quali post non attirano molta attenzione o mi fanno perdere follower: le foto di progetti d'arte; i video che dicono agli "hater" di stare alla larga (in non così tante parole); e le foto di poesie. (Badate però: se ne posti una che hai scritto tu, la gente diventa velocemente esperta di poesia ed è ansiosa di esporti una sua critica, del tipo: "ti odio, devi morire").

Ma una fitta collezione di selfie attira l'attenzione. E "attenzione" sembra essere il nome del gioco di cui si parla quando si dice "social network". In quest'era in cui basta un solo click per ottenere migliaia di informazioni, il potere di attrarre un pubblico in mezzo al mare di cose da leggere e da vedere è non a caso un potere. E' quello che vogliono gli studios cinematografici per i loro prodotti, è quello che vogliono gli scrittori professionisti per le loro opere, è quello che vuole la stampa diamine, è quello che vogliono tutti: attenzione. L'attenzione è potere. E se la gente è interessata a te, allora la selfie fornisce qualcosa di molto potente, dalla prospettiva più privata possibile.

Parliamo delle selfie delle celebrità, un ambito ben definito. Hanno valore indipendentemente dalla qualità della foto, perché sono verosimilmente scatti privati di qualcuno per il quale il pubblico prova una certa curiosità. I paparazzi ucciderebbero per uno scatto simile, perché guadagnerebbero tantissimo; sono le foto che vorrebbero i tabloid e i blog, perché avvicinerebbero un grande numero di lettori.

E la selfie della celebrità non è solo un ritratto privato di una star, ma è un ritratto realizzato anche dalla suddetta star un doppio colpo. Prendete l'account di Justin Bieber (il re in carica di Instagram?), e troverete per la maggior parte delle selfie. Prendete altri account con millioni di follower come quello di Taylor Swift o Ashley Benson (della serie TV "Pretty Little Liars") e troverete selfie dai backstage, selfie con amici, selfie con cani e gatti.

Queste star conoscono il potere della loro immagine e sanno come quel potere può aumentare attraverso l'esibizione di un materiale confidenziale qualsiasi cosa che dica, "Eccovi un po' della mia vita privata".

Ho capito che Instagram funziona come l’industria del cinema: sei al sicuro se il tuo motto è "uno per loro" e "uno per te stesso", ovvero, per ogni foto di un libro, un dipinto o una poesia, cerco di postare una selfie con un cagnolino, senza maglietta o con Seth Rogen, perché queste sono le cose che generalmente piacciono.

Ora, mentre la selfie della celebrità ha potere come momento pseudo-personale, la selfie della non-celebrità è un'’opportunità per mostrarsi, per far vedere una parte di sé come ci si è vestiti per un'occasione speciale, o svestiti, il che può voler dire, "C'è qualcosa di importante in me che i vestiti nascondono e che io voglio svelare".

Certo, l'autoritratto è un bersaglio facile per chi vuole accusarti di autoreferenzialità, ma, nella cultura dell'immagine, la selfie, facilmente e velocemente, mostra e non 'dice' come ti senti, dove sei, cosa stai facendo.

E visto che la nostra vita sociale sta diventando sempre più elettronica, noi ci applichiamo sempre di più nell'nterpretare i social media. E' difficile comunicare come ti senti in una conversazione via sms, mentre una selfie mette tutto in chiaro all'istante. La selfie è uno strumento di comunicazione più che un segno di vanità (ma sì, può essere anche un po' vanesia).

Abbiamo tutti motivi diversi per postarle, ma alla fine le selfie sono avatar: sono dei Mini-Me che inviamo agli altri per dare un'idea di chi siamo. Per la verità, rimango un po' deluso quando apro un account e non vedo selfie, perché io voglio sapere con chi mi sto relazionando. Nell'età dei social network la selfie è un nuovo modo per guardare qualcuno dritto negli occhi e dire, "Ciao, questo sono io".

mercoledì 8 gennaio 2014

The Sound and the Fury: prima foto del cast sul set



Vi avevamo annunciato al termine delle riprese di "The Sound and the Fury" (L'Urlo e il Furore) in Mississippi, lo scorso ottobre, che la seconda unità del film sarebbe stata girata nel 2014.

E infatti, il 3 gennaio sono ricominciate le riprese, questa volta a Los Angeles, dove sono stati ricreati i luoghi dell'inventata contea di Yoknapatawpha, nel Mississippi, cari a William Faulkner (autore dell'omonimo romanzo da cui è tratto il film), in cui si sviluppano le vicende della famiglia Compson protagonista della storia. Ecco un bellissimo scatto del cast al completo in abiti di scena, pubblicata su Instagram da James Franco (regista e co-protagonista del film) -foto di gruppo che immortala il giorno del matrimonio dell'unica figlia dei Compson, Caddy.

Alien tra le migliori interpretazioni dell'anno per W magazine

La rivista W pubblica l'annuale portfolio con le migliori interpretazioni dell'anno. Non manca James Franco con il suo Alien e uno scatto inedito di Juergen Teller.



“Avevo treccine in Spring Breakers che mi hanno aiutato ad entrare nel personaggio. Mi davano un grande prurito. Una volta che hai quel tipo di capelli, entri di colpo nel club degli strani. Le persone ti si avvicinano e parlano delle treccine. Spesso, quel tipo di persone usano anche le pistole. Non sono mai uscito dal personaggio—Mi sentivo quel gangster che si è fatto da solo tutto il tempo. Per me, lui è l'esempio delle cose spaventose che possono accadare quando ottieni tutto ciò che vuoi."

Who Is 'Her'?



di James Franco

Her di Spike Jonze è una storia che parla della morte dell'amore umano, mascherata da storia d'amore tra un uomo, Theo (Joaquin Phoenix), e il suo sexy sistema operativo, Samantha (interpretata dalla voce di Scarlett Johansson). Theo lavora come scrittore di lettere personalizzate, una professione che è a metà tra un detective, un voyeur stanco ma speranzoso e un poeta estremamente empatico. La sua specialità è la lettera d'amore dai toni intimi, e spesso i suoi lavori danno voce ai sentimenti delle coppie che lo assumono. Questo servizio, che si svolge in una non meglio identificata metropoli del prossimo futuro (girata a metà tra Los Angeles e Shanghai per dare all'ambiente quell'atmosfera grigia e dai toni pastello tipica della scintillante era Google) è l'altra faccia della relazione di Theo con il suo sistema operativo, un'amante eterea e super intelligente che dice tutto ciò che lui vuole sentirsi dire, proprio come le lettere di Theo fanno con i clienti. Il film pone delle questioni esistenziali: Cosa vuol dire essere un umano? Come definiamo le emozioni? È possibile che qualcosa di digitale e programmato abbia una personalità? Che valore hanno i nostri corpi in quest'epoca che è all'alba di una totale immersione nel digitale?

James franco debutta a Broadway con 'Of Mice and Men': ecco la locandina



E' tra le produzioni più attese di quest'anno e vedrà protagoniti James Franco e Chris O'Dowd al loro debutto sul palco di Broadway. Si tratta del revival di "Of Mice and Men" (Uomini e Topi) di John Steinbeck, che andrà in scena al Longacre Theatre dal 16 aprile al 27 luglio (con anteprima il prossimo 19 marzo). Nel cast anche Leighton Meester e Jim Norton. Entertainment Weekly pubblica in anteprima la locandina che mostra i due protagonisti nei panni di George (Franco) e Lennie (O'Dowd), i braccianti stagionali che sognano di comprare un giorno una loro fattoria. Le prevendite degli spettacoli non sono ancora iniziate, ma saranno disponibili sul sito broadway.com.

venerdì 3 gennaio 2014

A Brief Guide Inside 'Inside Llewyn Davis'



di James Franco

La prima volta che ho visto Inside Llewyn Davis (A Proposito di Davis), mi sono perso l'inizio, quindi non mi sono reso conto che avesse una trama circolare, che la prima scena fosse l'ultima scena, che nel film fosse tracciato il percorso che avrebbe portato Llewyn a essere riempito di botte da un misterioso cowboy in un corridoio scuro.

Il film stesso è strutturato come una canzone folk, con versi e ritornelli su cui si ritorna e intorno ai quali si costruiscono gli eventi. Alla prima visione mi sono piaciuti la musica, gli attori, le ambientazioni, la fotografia, ma non ho ben afferrato i contenuti. Così l'ho visto una seconda volta e poi una terza. Vi indico delle cose che ho notato e a cui potrete fare caso mentre guardate il film, giusto qualche indizio per aiutarvi a captare alcuni elementi e amarlo ancora di più.

Prima di tutto, la cosa più ovvia: Davis è il gatto. I fratelli Coen fanno di tutto per metterlo in chiaro attraverso i dialoghi—il modo in cui il gatto si giustappone a Llewyn e come le storie del gatto e di Llewyn viaggiano in parallelo. Dopo la prolessi iniziale in cui vediamo Davis picchiato in un corridoio, il film si interrompe su un suo primo piano e torna indietro a qualche giorno prima, quando il gatto, rivolgendoci il sedere dal pelo rosso, cammina disinvolto nell'ingresso verso un Llewyn addormentato sul divano. E poi cosa vediamo? Il gatto dal punto di vista di Llewyn, sedutogli sul petto. Un primo piano che collega Llewyn alla bestiola, viso a viso, l'uno che si specchia nel volto dell'altro (un indizio è la folta barba di Davis).

The Monster in 'Mysterious Skin'



di James Franco

Il film di Greg Araki Mysterious Skin (2006) è un adattamento di un romanzo di Scott Heim su due ragazzini di otto anni del Kansas che vengono molestati dal loro allenatore di baseball. Il film evita il solito cliché del racconto di una molestia, presentando due vite enormemente diverse che si sviluppano in seguito ad uno stesso trauma. Neil (Joseph Gordon-Levitt) diventa uno sbandato sempre più sfrenato nei suoi comportamenti sessuali, mentre Brian (Brady Corbet) sprofonda talmente tanto nella negazione da credere di essere stato rapito dagli alieni piuttosto che essere stato violentato. La descrizione del molestatore è particolarmente interessante perché non è ritratto come un mostro. Uno degli aspetti più curiosi del film è il fascino attorno alla figura dell'allenatore: la prospettiva del film è quella soggettiva dei due ragazzi, quindi il Coach è visto come qualsiasi ragazzo lo vedrebbe. Li seduce e per questo a loro sembra più un amico che una minaccia. Ma questa è l'unica prospettiva del film, quindi al pubblico non vengono offerte incrinature nell'attraente facciata dell'allenatore. La positività dell'aspetto esteriore è precisamente quello che vuole il molestatore all'interno della diegesi del film. Ci sono alcuni elementi secondari che suggeriscono quanto l'abuso abbia danneggiato i ragazzi—l'attrazione di Neil per i film horror, lo stupro di Neil verso la fine del film e il suo rifiuto nei confronti della gravità degli eventi—ma la cosa strana, specialmente per un film di un regista gay, è che le ripercussioni implicite dell'abuso riguardano attività associate ad un'infanzia attivamente gay. Poiché Brian e Neil diventano ragazzi attraenti e fanno cose che un qualsiasi giovane curioso potrebbe fare, è come se il film crei una relazione tra le preferenze sessuali e l'abuso. Il mostro al centro del film è così affascinante che sembra non abbia colpe e per di più i ragazzi non diventano relitti patologici, ma attraenti ritratti di giovani uomini.

Ambigu-Gus Van Sant



di James Franco

Il primo film di Gus Van Sant ad essere uscito nelle sale è stato Mala Noche (1985), basato sull'omonimo memoriale del poeta di Portland Walt Curtis. Descrive Walt come un commesso gay di un convenience store attratto da un lavoratore migrante messicano. Il suo film, Milk (2008), ritrae la vita dell'attivista, politico, e martire gay Harvey Milk. (Io ho interpretato il partner di Harvey, Scott Smith.) Van Sant ha fatto 11 film e una dozzina di corti e video musicali tra questi due film, ma solo un altro film e un cortoMy Own Private Idaho (1991) e il suo segmento di Paris, Je T’Aime, "Le Marais," (2006)si concentrano su personaggi e tematiche gay. Nonostante la mancanza di film a tema esplicitamente gay, Van Sant è acclamato come uno dei principali registi gay che lavorino al giorno d'oggi. Parte di questa reputazione deriva indubbiamente da un desiderio di rivendicare i suoi film originali e di alta qualità per la comunità gay semplicemente perché è un regista gay. Ma c'è un altro lato dell'opera di Van Sant che non è né gay né etero ma sovversivamente queer nella sua ambiguità. Van Sant inserisce questa sensibilità queer nelle narrazioni sia gay che etero la quale poi decentra ogni chiaro tipo di identità sessuale per il suo lavoro nel suo complesso.