di James Franco
Volete sapere come si mette su uno spettacolo a Broadway? Ve lo dico. Ma, dovrei chiarire: è diverso preparare un dramma classico (nella fattispecie Uomini e Topi (Of Mice and Men) di John Steinbeck, che sto portando a teatro in questo momento) e produrne uno originale.
Se è originale, il drammaturgo presenzierà alle prove ogni giorno, terrà d'occhio il regista, gli o le dirà come mettere in scena la storia e le tematiche per mezzo del corpo degli attori e del lavoro degli scenografi. A metà strada, è possibile che il copione venga riscritto, perché quando metti in piedi una scena emergono sempre nuove dinamiche. Questo obbliga gli attori a imparare nuove battute, spesso a più riprese e a volte anche la sera prima della messa in scena. Essenzialmente, quando allestisce uno spettacolo originale, il regista può permettersi il lusso di avere un partner con sé, una guida che lo aiuti fino a che tutto funzioni.
Nel caso di un testo classico—specialmente se l'autore è morto, come John Steinbeck—è esattamente il contrario. Ogni parola è sacra; NON PUOI giocarci come vuoi tu. Nei film, spesso puoi modellare le battute per farle aderire un po' meglio alle tue caratteristiche, anche se dipende sempre dalle persone con cui lavori (non lo puoi fare con David Kelley o Aaron Sorkin). Il lato positivo è che così l'interpretazione risulta più naturale. Quello negativo è che si rischia di annullare o appiattire le sfumature che possono scaturire dalla penna di un grande scrittore. Poi ci sono film come Facciamola Finita, in cui in ogni scena c'è almeno un po' di improvvisazione, moltissime sono interamente improvvisate e molto dialogo viene "scritto" davanti alla telecamera. E' ovvio, l'improvvisazione è un'arte e può portare a grandi risultati, ma solo se ci sono persone come Seth Rogen e Evan Goldberg che sanno come condurre dei metodi così liberi lungo i canali della storia, così da preservare l’ossatura di base del film.
Uomini e Topi ha moltissimo slang dell'epoca (quello dei rancher californiani del 1937): molti doppi negativi ("not say nothing") e molte ripetizioni di "bastardo," "figlio di puttana", "maledizione", "Gesù!" and "diamine"—motivo per il quale il libro, quando uscì, fu vietato nelle scuole. Subito dopo la pubblicazione della novella, arrivò il dramma di successo e poi uscì il primo adattamento cinematografico in bianco e nero, facendo di Uomini e Topi un prodotto di intrattenimento a tre uscite. Quindi, un attore che lavora su questo materiale, sente la pressione a imparare le battute esattamente come sono scritte, ma spesso si fa fatica a ricordare se in quel preciso momento si deve chiamare un tizio "figlio di puttana" o "bastardo". (Lo so, lo so, è la poesia dei campi, il ritmo dell'operaio).
Chi non sa esattamente cosa voglia dire recitare può pensare che la parte più difficile nel portare in scena un dramma sia imparare le battute. Sebbene aver afferrato solidamente i dialoghi e averli fatti propri aiuti a rendere l'attore libero di muoversi nel suo contesto e gestire gli spostamenti sulla scena, imparare le battute è solo una parte dell'intera faccenda, com'è per un musicista di un'orchestra imparare uno spartito. Ma imparare le battute di un classico—parola per parola, come fossero sacre—obbliga l'attore ad approcciarsi al ruolo in modo diversissimo da come farebbe in altre circostanze. Se una battuta non ha senso o sembra non suonare bene detta dalla tua bocca, allora la cambi. Devi trovare un modo per darle un senso. (E se davvero non ci riesci, allora fingi e la pronunci con convinzione).
Come ha detto Chris O'Dowd—che interpreta Lenny nel nostro Uomini e Topi—se pensi che il tuo personaggio non direbbe una certa battuta, ti sbagli. Invece di costruire un personaggio dall'interno all'esterno come una faccenda separata dal copione (cercando di capire cosa lo tocca emotivamente, come parla, come si muove ecc.), lo si costruisce cercandolo nel copione; è tutto lì dentro. Moltri sceneggiatori sostengono che il loro prodotto non sia molto diverso da quello di un drammaturgo, ma i film e le serie tv funzionano diversamente; spesso i comportamenti, l'azione e i silenzi sono migliori. Invece a teatro, le parole governano e muovono tutto (almeno nelle produzioni di Broadway convenzionali; non sto parlando del Wooster Group o del Living Theatre, dove la dittatura del copione è consapevolmente rovesciata). I comportamenti e le azioni sono importanti, è ovvio, ma entrambe risultano dal testo. La scenotecnica e il fatto che gli attori sappiano esattamente il punto del palcoscenico in cui devono trovarsi in ogni momento sono a servizio della comunicazione del significato delle parole.
A teatro, tutto è pronto prima della messa in scena, ovvero, nel cinema c'è il montaggio e anche se gli attori interpretano una scena davanti ad una telecamera per darle un ritmo, il regista sa sempre che i tempi di una scena vengono sistemati in post-produzione. In più, nel cinema ci sono le inquadrature e l'attenzione del pubblico è diretta, molto vicina. A teatro, il pubblico può guardare dove vuole sul palco (sebbene sia compito del regista delineare il fulcro dell'attenzione attraverso la scenotecnica, ma questo potrebbe essere materiale per un altro intero articolo). Ciò vuol dire che tutto il lavoro che si può fare in post-produzione—scegliere le inquadrature, il loro ordine e la loro durata—a teatro, si fa prima. La pièce è concepita come un insieme, da performare dal vivo, e quindi, il ritmo e i movimenti devono essere studiati in principio.Oggi non c'è tempo per le prove fatte in posti diversi dal teatro (almeno per quanto riguarda gli spettacoli in cui lavorano attori di cinema che non possono occuparsi di una stessa produzione per anni), di solito, a Broadway, prima della prima, c'è circa un mese di previews. Prima di Uomini e Topi, non mi ero mai reso conto dell'importanza delle previews. Sono come delle proiezioni di prova per i film, con l'eccezione che sono viste da un pubblico pagante. Ma diamine, ha senso, perché anche nella preview le performance sono dal vivo, e questo è uno degli elementi principali del teatro, come affermò Walter Benjamin negli anni '30: al contrario dei performer del cinema, quelli del teatro hanno un'"aura". Quasi indipendentemente dalla qualità del prodotto, c'è già qualcosa nell'avere degli attori davanti a un pubblico che li distingue dagli attori sullo schermo. Evidentemente, le previews non vengono recensite, anche se, in quest'epoca di social media e gratificazioni immediate, le voci girano davvero velocemente. Grazie al cielo stiamo ricevendo standing ovations già dalla prima preview.
fonte @VICE, traduzione italiana Chiara Fasano
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