di James Franco
L'altra sera sono andato con alcuni amici a una proiezione di mezzanotte di Trainspotting al cinema Nitehawk a Brooklyn. Vidi il film per la prima volta quando ero una matricola alla UCLA, nel 1996. Avevo letto il libro l'estate prima, mentre frequentavo un corso per giovani artisti alla Cal Arts, chiamato California Summer School for the Arts, e rimasi deluso quando mi accorsi che avevano tagliato la scena con la donna incinta e cambiato, così, il corso degli eventi. Due scene in particolare mi disturbarono a quella visione: quella in cui il personaggio di Ewan McGregor, Renton, si arrampica nel gabinetto per pescare le sue supposte e quella in cui il bambino morto gattona sul soffitto.
All'epoca non capivo quanto un film fosse diverso da un libro. Danny Boyle adattò il romanzo in qualcosa di cinematografico restando molto fedele allo spirito del libro; in verità, nemmeno l'autore stesso, Irvine Welsh, avrebbe saputo fare di meglio. Ero un po' come un fan di Twilight che critica il film perché—non so—il ciuffo di Edward Cullen non è tagliato nel modo giusto.
Invece, trasporre della narrativa in un medium diverso significa, generalmente, utilizzare gli aspetti più interessanti di quel nuovo medium. Adattare pedissequamente senza apportare nulla di nuovo risulterebbe una scelta bizzarra. Boyle—il giovane Danny Boyle— ha aggiunto un livello di ironia e frenesia che ha definito un genere vent'anni fa, trattando l'uso di droga dal punto di vista soggettivo. Il modo in cui ha rappresentato gli effetti dell'eroina in questo film, per molti aspetti, non aveva precedenti.
In passato, il consumo di erba è stato usato come base per creare situazioni comiche: la scena nell'accampamento con Jack Nicholson in Easy Rider, Cheech e Chong, le scene con Spicioli in Fuori di Testa. Solo a partire dal Drugstore Cowboy di Gus Van Sant (il prossimo film in programma al Nitehawk, nel caso vi troviate a Brooklyn), il tema del consumo di eroina è stato affrontato con sfumature comiche. Il personaggio di Matt Dillon è così esilarante e sicuro di sé con la sua saggezza e le sue superstizioni sulla droga: "Diane era mia moglie. La amavo, e lei amava la droga. Eravamo una bella coppia." oppure "I cappelli. OK? I cappelli. Se vedo un cappello sul letto in questa casa, amico, non mi vedrai mai più. Sparisco."
Drugstore Cowboy fece da apripista a film come Paura e Deliro a Las Vegas, Pulp Fiction e Requiem for a Dream, film che hanno potuto rappresentare il consumo di droghe pesanti senza dover esplicitamente punire i propri personaggi per i loro comportamenti. Se i personaggi, alla fine, sono vittime di un destino amaro o cadono in povertà o muoiono, non è necessariamente perché l'autore vuole mandare il messaggio moralistico per cui "la droga fa male". L'uso di droga è mainstream; è familiare e rassicurante. Il libro di Denis Johnson, Jesus' Son si affida esclusivamente alla sua scrittura brillante e non alla sua decisa rappresentazione della vita confusa del protagonista tossico, Fuckhead. Abbiamo visto drogati diventare eroi in Pineapple Express; e anche se la morale implicita al film è che la droga fa male e porta solo guai, i personaggi sono così amati che sono diventati il manifesto dello stile di vita dei fumatori d'erba.
Contenuti legati al sesso e alla dipendenza dal sesso sono l'ultimo esempio di quel tipo di trasformazione nel cinema e Nymphomaniac di Lars von Trier è la prova che questo tema è sempre meno un taboo nel cinema mainstream. Shame di Steve McQueen ha aperto la strada ad un'analisi più profonda di questo nuovo argomento. Il titolo del film è a dimostrazione dello sforzo di McQueen di essere onesto e in qualche modo moralista, il che è necessario quando stai forgiando un nuovo approccio ad un soggetto esplicito. E' come uno scarico di responsabilità all'inizio di un vecchio film sui gangster che dice: "Hey, noi non la condoniamo questa violenza", in modo da poter apprezzare l'uso di quel tipo di violenza. Il film, almeno, ha reso più accettabile la discussione intorno agli eccessi sessuali—anche se si è discusso di più del pene di Fassbender che gli sbatteva sulle cosce mentre camminava verso la telecamera in un'inquadratura assolutamente non necessaria. (Dovrei dire non necessaria ai fini della trama, ma che si riferisce esplicitamente al sesso e alla dipendenza da esso). La famosa inquadratura del pene era un avvertimento al pubblico: Hey, ascoltate, questo film andrà giù pesante; tenetevi pronti a del materiale molto forte. Si può discutere se sia l'equivalente del primo piano dell'ago di una siringa che entra nella vena dell'Al Pacino pre-Padrino in Panico a Needle Park. Questa roba è reale ed è lì che vogliamo andare a parare. La scena del pene ha anche fatto sì che il pubblico si chiedesse: Vedremo Fassbender nudo? Shame è un buon film, ma alla fine, la misura del pene di Fassbender si è rivelata qualcosa di completamente inutile. Come farsi una selfie nudi, in una situazione alla Dirk Diggler.
E' per tutte queste ragioni che ho potuto ridere guardando Nymphomaniac, perché si passava da avvertimenti morali alla libertà della satira. Il fatto che riesca ad essere divertente pur affrontando una tale tematica dimostra che ci stiamo muovendo verso una nuova era per il sesso al cinema. Comunque, tutto questo anche per dirvi che il film fa davvero ridere.
fonte @VICE, traduzione italiana Chiara Fasano
Nessun commento:
Posta un commento