martedì 14 febbraio 2012

Francophrenia, l'affascinante docu-fiction in cui James Franco interpreta James Franco

Le continue sperimentazioni di James Franco con i limiti della propria celebrità sono ciò che di più singolare ha prodotto la cultura popolare degli ultimi tempi. Se i suoi numerosi meriti accademici e non solo sono più che ben documentati, ora diventano un capitolo allarmante nel suo Francophrenia (Or: Don't Kill Me, I Know Where The Baby Is), la bizzarra e audace collaborazione con il lodato documentarista Ian Olds, il cui The Fixer: The Taking of Ajmal Naqshbandi è stato un successo a Rotterdam nel 2009.



Filmato nel corso di quella che sembra un'unica notte, il film essenzialmente segue Franco sul set della soap della ABC General Hospital mentre ammicca alla gente, si perde in conversazioni mortalmente noiose, osserva come la mediocrità produce ancora più mediocrità (quale modo migliore per narrare la banalità se non attraverso una soap opera pomeridiana), la camera indaga ossessivamente sulla considerevole quantità di energia, di industriosità individuale e conoscenza tecnologica che vengono utilizzate per creare qualcosa di così leggero e prosaico.
 
Mettendo insieme questi filmati che Franco ha assemblato durante l'arco delle sue ospitate nelle diverse stagioni della soap, solo recentemente concluso, Olds ha creato uno script con il co-sceneggiatore Paul Felten in cui inserisce un flusso di coscienza proveniente dalla bocca di Franco mentre gironzola per il set, a volte pretenzioso, ma generalmente bizzarro e genuinamente disturbante, nel tentativo di abitare la mente di Robert "Franco" Frank, artista e serial killer assassinato con un colpo di pistola nella soap pomeridiana all'inizio di quest'anno. Tuttavia, mentre il film procede, ci si rende conto che forse i pensieri che stiamo ascoltando non sono di Franco che interpreta "Franco", ma dello stesso attore, che medita sull'assurdità della fama, sul suo soffocante e onnipresente spettro che domina ogni suo rapporto e il suo desiderio di iniziare ad essere un killer seriale anche lui, a cominciare con il suo agente. 

James Franco è l'attore più audace del cinema di oggi, ma sembra voler provare che è anche uno dei più intelligenti e motivati oltre natura. Il film ci forza a riconsiderare la natura delle sue scelte in un modo diverso; chiaramente ha visto la sua partecipazione a General Hospital a questo punto della sua carriera come un modo per fare un ulteriore esperimento con il confondere i limiti della cultura alta e bassa, i vari gradini dello star-system. Ma insieme alla mano sicura di Olds (il cui lavoro di montaggio su un altro progetto di Franco ha portato a questa collaborazione) Franco ha prestato il suo volto incredibilmente espressivo e occasionalmente terrificante ad una vera meraviglia di docu/fiction, un ibrido, uno snello e seducente trattato sui confini della follia che si potrà un giorno favorevolmente paragonare ad altre sperimentazioni cinematografiche americane sul crollo psicologico di un uomo, come David Holzman's Diary di Jim McBride o Coming Apart di Moses Milton Ginsburg.

fonte indiewire

5 commenti:

  1. Quanto mi incuriosisce questo progetto!Ogni giorno che passa prendo coscienza della sua follia!Lo adoro!proposito ma il blog tra un pò compie il suo primo anno;)che bellooo!

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  2. Incuriosisce molto anche me!! Sono molto contenta che sia stato apprezzato!
    Abbiamo più volte commentato la sua tranquillità, il suo equilibrio, il suo essere ormai a suo agio con lo status di "movie-star", ma in questo documentario, a quanto pare, emergeranno il disagio, i dubbi e le debolezze. Non vedo l'ora di vederlo! Sono stra-curiosa!

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  3. Assolutamente interessante!
    Vorrei avere i dvd di tutti i suoi progetti e guardarli a ripetizione! Ci sono così tante cose che vorrei vedere oltre ai film. Vorrei vedere tutti i suoi lavori per il college, i suoi cortometraggi, lungometraggi etc.
    Ritornando all'argomento, sono curiosissima di sapere tutte le riflessioni e le meditazioni che fa nel film. Non vedo l'ora che ne parli James in qualche intervista in un festival del cinema!

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  4. In effetti è un vero peccato che non sia stato lui stesso a presentarlo a Rotterdam! E' un progetto che meritava la sua presenza. Speriamo venga riproposto presto in America. Credo sia anche significativo il fatto che lo abbiano presentato prima in Europa, forse per avere una reazione più genuina da parte di un pubblico che non conosce "General Hospital"

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  5. rispetto i vostri commenti, io riesco solo a pensare che per quella foto non l'hanno nemmeno truccato

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