domenica 10 novembre 2013

Fassy B. Heats Up 'Twelve Years a Slave'



di James Franco

Twelve Years a Slave è un racconto vero, scritto nel 1853 da un uomo chiamato Solomon Northup, un nero libero di New York, acclamato violinista e che aveva svolto varie professioni, ma che fu portato via dalla sua casa e dalla sua famiglia con il pretesto di suonare il violino in un circo—in realtà fu rapito e venduto come schiavo. Il libro non fu ben accolto alla sua pubblicazione nel 1853; alcuni non lo ritennero veritiero, il che era falso. Nella metà del XX secolo, la giovane Dott.ssa Sue Eakin investì nel racconto e passò la sua vita a perorare la causa del libro. Nel 2013 è stato tratto un film, diretto dal video-artista Steve McQueen.

Il libro e il film presentano numerosi dettagli sugli orrori della schiavitù, vissuti da Northup sulla sua pelle; li metteva per iscritto così come accadevano, quasi in un catalogo nello spirito di De Sade: un catalogo degli orrori. E' per questa fascinazione per l'orribile che il libro del XIX secolo e il film appena uscito ci attraggono così tanto? Ho quasi paura a scriverlo, ma perché ci attraggono così tanto? Certo, sono entrambi fatti benissimo: il libro per la sua rappresentazione del tempo e dello spazio—è una vera immersione nel passato, sebbene in un passato sgradevole; il film è girato stupendamente in Louisiana (fate attenzione alla casa che appare anche in Homefront con Jason Statham). Northup scrisse il libro per dare una testimonianza delle mostruosità che stava vivendo in prima persona e nell'augurio disperato che la schiavitù venisse abolita. Twelve Years fu pubblicato prima della Guerra Civile. Alla fine del libro, Northup dice che non criticherà la schiavitù; il resoconto della sua esperienza è il suo testamento a partire dal quale i lettori potranno giudicare. Ma quando è stato pubblicato, è andato malissimo, quindi a cosa è servito in realtà? In più, Northup provò a denunciare i suoi rapitori, ma perse la causa.

Il film esce a 148 anni dalla Guerra Civile. Non è stato fatto per abolire la schiavitù, evidentemente. Allora qual è il suo scopo, a parte l'intrattenimento? Dare una lezione di storia? Una storia ostentatamente reale, non denudata della sua brutalità? Buffo che McQueen e molti dei suoi attori siano non americani che raccontano una storia americana. Non che non avrebbe dovuto farlo, però è strano a pensarsi. Forse è lo stesso vecchio approccio di Alexis de Tocqueville? Immagino che Steve contribuì a raccontare la brutalità della sua nazione in Hunger, il suo primo film sullo sciopero della fame dei carcerati della prigione degli Irlandesi Nazionalisti contro Margaret Thatcher e gli Inglesi.

Ma dannazione, il fatto è che Twelve Years a Slave è bellissimo. E' stato girato in Louisiana contemporaneamente alle riprese di This Is The End e Django Unchained. Tutte e tre le produzioni erano stanziate a New Orleans e ogni weekend Jamie Foxx faceva il DJ a delle feste, in modo che tutti potessero andare a rilassarsi dopo la settimana di dure riprese. Non che la gang di This Is The End avesse bisogno di rilassarsi come le altre due—per loro ogni giorno era un divertimento, ma ci andavano lo stesso probabilmente… Ci sono stati degli omicidi a New Orleans in quel periodo, come sempre. E una notte fu vietato l'ingresso in un locale ai bianchi, perché era la sera della partita di football del Bayou Classic, tra i Gramble e i Southern e il Quartiere Francese era pieno di afro-americani.

Ma parliamo di Michael Fassbender in Twelve Years a Slave. In tutti i film di McQueen fino a oggi, lui è il protagonista—Fassbender piace ai genitori di McQueen? Così, mi chiedevo… —è stato Bobby Sand, il prigioniero in sciopero della fame in Hunger; poi il sex addict in Shame. Non è che fosse poi così dipendente secondo me. Voglio dire, che faceva? Guardava film porno e si faceva un manciata di persone a settimana? Potrei nominarvi un mucchio di persone che lo fanno. E quella scena in cui sta toccando il fondo, vuole farsi qualcuno e va in un club gay è ritratta come il settimo girone dell'Inferno… Cioè, è come se si fosse tornati indietro a quelle orribili rappresentazioni dei gay negli anni '70, dove il club gay era sinonimo di tutto ciò che è oscuro e depravato. Quindi fa sesso orale con Oh no, un uomo! L'orrore! In ogni caso, in Twelve Years, Fassbender interpreta il proprietario della piantagione, Epps, un uomo stupido che ha il potere sugli altri. Epps è ritratto come stupido nel libro; un ubriacone che approfitta della sua posizione di proprietario di esseri umani e Fassbender lo interpreta come un uomo affascinante e ignorante: l'uomo innamorato della sua schiava, che la stupra e poi la odia perché non è ricambiato; l'uomo convinto che le cause della rovina del suo raccolto siano i peccati dei suoi schiavi; l'uomo che ritiene i suoi schiavi non migliori dei babbuini, perché ha visto "una di quelle bestiole" a New Orleans, e aveva "la loro stessa testa".

Osservate come Fassbender prende in mano il film. E' la storia di Northup, ma una volta che Epps entra in scena, il film si sposta su di lui. Non nel senso che ora è lui il protagonista, ma diventa un motore aggiuntivo, un motore dinamico. Ci sono momenti focalizzati su di lui che nel libro non c'erano e ci permettono di esplorare i sentimenti del suo personaggio. I sentimenti di Northup sono tenuti sotto controllo continuamente, sia dalla performance sia dal montaggio (raramente vediamo una chiara inquadratura in cui esprime dolore intenso, quasi ad evitare qualsiasi sentimentalismo). E' Epps ad avere in mano tutta l'azione, gli alti e bassi estremi delle sue emozioni, mentre Northup è lo stoico sopravvissuto. Perfino il normale punto di vista della focalizzazione interna, con la quale non vediamo nulla che che Northup non veda, si distorce all'arrivo di Fassbender, perché Epps entra in scena e Northup non c'è, però noi crediamo ancora che il narratore sia lo stesso, quello interno di Northup. Forse egli è segretamente testimone degli incontri al buio tra Epps e la schiava Patsy? Ne dubito. Allo stesso modo è assolutamente impossibile che possa essere anche testimone della condanna privata che Epps infligge ai suoi schiavi mentre lavorano nei campi. Epps e Fassy hanno trasferito la focalizzazione del personaggio su di loro.

Osservate Fassbender quando fa il tiranno ubriacone, il buffone che balla, lo stupratore che tortura, che sghignazza mentre punisce, il religioso ipocrita, il padrone geloso, il fustigatore perverso, il marito adultero di una moglie consapevole (lei sa benissimo quello che succede tra lui e la sua schiava Patsy). Il climax del film è proprio la fustigazione pubblica di Patsy davanti a sua moglie. E' una scena in cui prevale la tensione tra Epps, Patsy e la Signora Epps, più che quella con Northup. Questo film è di Fassbender. Non lo dico perché le performance degli altri attori non siano ugualmente potenti; non è una cosa che ha a che fare con il lavoro degli attori, ma con il modo in cui i personaggi sono forgiati e con l'oggetto delle loro intepretazioni. (Per avere un'idea del contrasto, guardate Fassbender in The Counselor: lì ha un ruolo passivo. Non perché sia improvvisamente diventato un attore peggiore—ha girato quel film subito dopo Twelve Years a Slavema ha un ruolo che non prevede un'azione, deve solo restare inattivo e soffrire). Se questo è, di fatto, un film su Epps il proprietario degli schiavi e, in ugual misura, un film su Northup lo schiavo, qual è il significato per il pubblico? Vediamo un attore pazzesco comportarsi come un mostro e ci piace, da morire, perché ha una presenza notevole e un fascino incredibile! Lo vediamo mentre picchia a sangue degli esseri umani, e se queste scene sono girate nel modo giusto, come in questo caso, in un film importante sulla storia americana, allora ci nutriamo di tutta quella brutalità e ne vogliamo ancora. Almeno io ne volevo ancora. Ho visto il film per due sere consecutive. Lo adoro questo film. Mi ha incantato.

*Una piccola postilla dopo aver visto il film per la terza volta: Northup è un eroe dei suoi tempi e McQueen ci ha fatto un regalo.

© VICE, traduzione italiana Chiara Fasano

6 commenti:

  1. Condivido sull' utilità del film ma, dopo pochi minuti le inquadrature "ghigliottinate" mi hanno innervosita.
    Durante le frustate chiudevo gli occhi.

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  2. ^^^Rassicuro chi non ha visto 12 ANNI SCHIAVO, le teste ci sono ma, come ha scritto James,ci sono poche espressioni del protagonista; vediamo con i suoi occhi finché non arrivano i cattivi. Non so se per fascino del male -come ipotizza JF- o per mettere in risalto la crudeltà.

    Avendo parlato di Fassy nel post di 127 ORE, volevo aggiungere :
    1. Secondo me SHAME è moralista; il titolo: VERGOGNA e poi il fatto che sia girato tra 2 film impegnati, politici, l' appesantisce.
    2. Si può fare una riflessione profonda sul fatto che un regista nero abbia come attore feticcio un bianco.
    3. Riprendendo la battuta di Franco, i genitori di Steve McQueen si sono resi conto del casino nell' era Google di aver chiamato il figlio come SMQ? Per me è amico di Fassbender perché si chiama quasi come Fassbinder!! (Ammesso che lo conoscano.)
    4. VIVA FASSBIIIIIINDER!!!

    Dovrei fare April/Lirpa : ricommento da sola!

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  3. Secondo me McQueen è coerente nella sua narrazione cinematografica. I tre film che ha girato parlano di "prigionie", fisiche (ovviamente) ma anche psicologiche. E il personaggio di Shame è questo. Non ci vedo moralismo, anzi, il suo è uno sguardo molto crudo e diretto, non giudica quel personaggio. Mostra come colma le sue lacune emotive.

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    1. Proprio perché è coerente che SHAME diventa un film con un messaggio, questo intendevo nel punto 1.
      Tutti giudichiamo. Chiamare un film VERGOGNA è esprimere già il proprio punto di vista negativo sulla storia. E poi come ha scritto James,perché andare in un locale gay dovrebbe essere il fondo? Poteva rendersi conto delle sue lacune affettive in un'altra situazione.

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    2. A monte non sono daccordo con l'interpretazione del titolo che, secondo me, più che dare un giudizio morale, riassume il punto chiave del film: la scissione del personaggio tra la sua sfera privata e pubblica, Per questo non lo considero nemmeno un film con un messaggio, perchè non è risolutivo e consolatorio, ma anzi apre a più interpretazioni. E' un'indagine psicologica. E' la contraddizione di un uomo che vive in una società fortemente sessualizzata eppure censurante verso la sessualità. Andare in un locale gay è "toccare il fondo" per un uomo presumibilmente eterosessuale che si muove in un contesto prevalentemente eterosessuale.

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    3. Mi hai fatto venire qualche dubbio ma considero il titolo indicativo. Vedevo il pene di Fassbender come le frustate alla schiava, con McQueen che li metteva in risalto con immagini crude per ispirare rifiuto. E come James, trovo esagerato parlare di malato di sesso proprio perché siamo circondati e castrati tutti e Fassy non è peggiore di uomini che conosco!
      Ok sull' etero che pensa di toccare il fondo andando in un locale gay, ma il film avrebbe dovuto mostrare che non è così, invece sembra condividere.

      Sdrammatizzo.
      C'è un libro-performance COSA PENSANO GLI UOMINI A PARTE IL SESSO, non c'è scritto nulla! Ha le pagine completamente bianche!!

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