di James Franco
Richard Prince fu notato dal mondo dell'arte negli anni '80, quando si appropriò dell'immagine dell'uomo protagonista delle pubblicità della Marlboro per inserirlo nelle sue fotografie. Quando cominciò a prendere in prestito queste immagini, lavorava al Time-Life e si occupava degli spazi pubblicitari. "Alla fine della giornata, ciò che mi restava erano le immagini pubblicitarie. Diventarono, così, il mio campo d'azione." Rifotografava quelle pubblicità e poi ritagliava il testo e quasi tutti i riferimenti alle sigarette. Alla fine una delle sue immagini dei Cowboy diventò la prima fotografia a essere venduta per più di un milione di dollari. Nel 2007 ha ristabilito il record, vendendo all'asta una foto, "Untitled (Cowboy)", per 3.401.000 dollari.
L'uso di Richard dell'uomo della Marlboro è un esempio unico e particolare perché rovescia il senso comune dell'approprazione artistica. Laddove la pubblicità solitamente assimila una gamma di riferimenti culturali, dall'arte colta all'umorismo più basso, solo a partire da Warhol gli artisti hanno iniziato a rivolgersi alla pubblicità e ad appropriarsene a loro volta. L'opera di Richard è un esempio estremo di questa appropriazione e quindi un punto centrale per lo studio della ri-mitizzazione di un mito da parte del mondo dell'arte—materia notoriamente scandagliata da Roland Barthes, nella sua serie di saggi sulla cultura pop come mito dei giorni nostri, raccolta in Mythologies. Richard ha espresso il suo disprezzo nei confronti dell'analisi barthiana della sua opera— l'idea per la quale quella che egli chiamava "appropriazione" non fosse che semplice "furto". Questa, però, appare un’istanza piuttosto semplificativa usata come difesa contro una critica e non un'alta pretesa intellettuale. Non che Barthes non dovesse dedicarsi alla sua opera; piuttosto, quello di Richard è un attacco preventivo ad una critica che avrebbe potuto molto bene categorizzare la sua opera.
Le pubblicità originali della Marlboro sono esempi della definizione che Barthes dà della creazione di un mito. Le pubblicità funzionano a causa di come viene utilizzata l'immagine del cowboy e del Far West. Nel saggio "Myth Today", Barthes espande il modello saussuriano dei significati del linguaggio ad un sistema su due livelli del significato di un mito. In questo sistema, il terzo componente del primo livello, il segno, diventa il significante o la forma per il secondo livello. Per cui le pubblicità originali giocano con i significati che derivano dall'immagine del cowboy nel range. L'impatto è quasi immediato dal momento che si tratta di un oggetto in primo luogo visivo. Il significato dietro all'immagine di un cowboy è inequivocabile. I cowboy sono vigorosi, lavorano nella natura, svolgono una professione virile e posseggono un'aura di indipendente individualismo. Ai giorni nostri, questo riferimento mitico deriva dalle rappresentazioni televisive e cinematografiche del cowboy. Gli aspetti originali di questa figura sono stati tagliati fuori dal contesto di partenza e dalle loro implicazioni. Quello che resta sono solo gli elementi più affascinanti del cowboy—non c'è traccia del dolore della sella, delle notti al freddo o del genocidio degli Indiani d'America.
L'appropriazione in Richard diventa rimozione, perché viene aggiunto un ulteriore livello di significato: Prince è capace di riesaminare l'ideologia di cui è intessuta la pubblicità originale in merito al mito predominante dell'America. Esistono due principali serie di cowboy realizzate in due periodi diversi—una è degli anni '80, una degli anni '90. Differiscono nell'esecuzione e nelle implicazioni. Nella prima serie, Prince non ha fatto nulla con le immagini originali a parte rifotografarle e omettere la scritta "Marlboro". Il processo di riproduzione in questa prima fase è più grezzo e le immagini sono più sgranate. Le immagini originali erano anche più scure, dal momento che lo spazio pubblicitario richiedeva che venissero incorniciate in porzioni più piccole. Tutti questi aspetti contribuiscono a defamiliarizzare l'immagine, mantenendo tuttavia un collegamento con il contesto originario. Il fruitore riesce ancora a vedere il cowboy nonostante lo straniamento del distacco che serve all'artista per comunicare il suo messaggio.
In ogni caso, il sommo livello di significato delle sue opere è incerto perché la serie dei cowboy ricontestualizza delle immagini pubblicitarie che già di per sé dipendevano pesantemente dal mito. Nel senso barthiano della parola mito, le immagini pubblicitarie, come l'uomo della Marlboro su cui Richard lavora, sono già versioni mitizzate dell'icona americana del cowboy, riconfigurata allo scopo di vendere le sigarette. L'opera d'arte strappa via la connotazione pubblicitaria dell'originale, ma non si allontana mai pienamente dal suo contesto poiché risulta anch'essa fortemente radicata nella cultura americana, dal momento che si limita ad una basilare manipolazione della forma attraverso la tecnica fotografica. Quindi, la serie dei cowboy non è una critica alla pubblicizzazione delle sigarette, è una manipolazione di ideologie mitiche originariamente alla base dei manifesti pubblicitari. Nello specifico, è un mettere in evidenza il mito americano e la forza pervasiva della pubblicità—tutto attraverso la decostruzione di quella delle sigarette.
Per di più, Richard sceglie di esplicitare il riferimento alla pubblicità inserendo il nome Marlboro e l'icona sulla confezione delle sigarette, il che rappresenta il collegamento ultimo all’argomento di Barthe, perché viene evidenziato il rapporto tra lo status ideale del cowboy e il fumo—a suggerire che chi fuma questo tipo di sigarette, di conseguenza, acquisisce questo stile di vita. Questa promessa di un collegamento attraverso la sigaretta è particolarmente ironica perché lo stile di vita rappresentato non è mai esistito all'infuori del mito. In alcune delle foto di Richard, i cowboy non stanno nemmeno fumando, ma l'icona e il grassetto stentoreo, il quasi Old English script funzionano da chiara didascalia, che erge le sigarette a connessione tra il fruitore e l'immagine.
La composizione originale resta impressionante, come da progetto, ma la patina risulta attenuata. Rompendo quanto basta gli elementi formali dell'originale, Richard rivela qualcosa del cowboy estraendola dalla composizione patinata. Quello che rivela non potrà mai essere "reale" o riguardare il cowboy nel senso esperienziale dell'essere cowboy—oggi o nei due secoli scorsi. Ma il significante nelle pubblcità delle Marlboro si fa carico di un particolare tipo di significato: la consapevole intenzione di catturare l'individualità e la mascolinità del cowboy.
Richard Prince è forse l'artista più importante che abbia mai lavorato con la riappropriazione. E' stato il protagonista di una retrospettiva del Guggenheim a lui dedicata, Spiritual America, del 2007. La valenza della sua motivazione non è facilmente categorizzabile come semplice critica ad un'ideologia americana. In un articolo sulla sua opera, Eleanor Heartley si interroga sulle sue intenzioni di criticare il mito dietro alle immagini di cui si è appropriato. Eleanor Heartley vede una progressione da opere meno formalizzate, come quelle degli anni '80, a opere molto più espressive e strutturate in maniera più complessa, come i cowboy degli anni '90. Quest'ultima serie comprende immagini molto più raffinate. E' dominata da vivide distese paesaggistiche riprodotte in modo molto meno sgranato della serie degli anni '80. I cowboy stessi sono stati spostati su quello sfondo. Il risultato è un rapporto molto più vicino con le pubblicità originali. L'esecuzione patinata rende l'immagine seducente proprio come l'originale. In effetti, l'unico elemento a insinuare l'ipotesi dell'opera come critica è la patina intensificata, innaturale. Il confine tra pubblicità e vita reale è incerto e, per la Heartley, le intenzioni di Richard sono incerte. Si chiede se la sua opera sia di fatto una critica all'ideologia della mascolinità americana o una celebrazione di essa. Richard fa entrambe le cose. Conferisce il fascino e l'attrattiva delle pubblicità, criticandone il contenuto.
Richard Prince è forse l'artista più importante che abbia mai lavorato con la riappropriazione. E' stato il protagonista di una retrospettiva del Guggenheim a lui dedicata, Spiritual America, del 2007. La valenza della sua motivazione non è facilmente categorizzabile come semplice critica ad un'ideologia americana. In un articolo sulla sua opera, Eleanor Heartley si interroga sulle sue intenzioni di criticare il mito dietro alle immagini di cui si è appropriato. Eleanor Heartley vede una progressione da opere meno formalizzate, come quelle degli anni '80, a opere molto più espressive e strutturate in maniera più complessa, come i cowboy degli anni '90. Quest'ultima serie comprende immagini molto più raffinate. E' dominata da vivide distese paesaggistiche riprodotte in modo molto meno sgranato della serie degli anni '80. I cowboy stessi sono stati spostati su quello sfondo. Il risultato è un rapporto molto più vicino con le pubblicità originali. L'esecuzione patinata rende l'immagine seducente proprio come l'originale. In effetti, l'unico elemento a insinuare l'ipotesi dell'opera come critica è la patina intensificata, innaturale. Il confine tra pubblicità e vita reale è incerto e, per la Heartley, le intenzioni di Richard sono incerte. Si chiede se la sua opera sia di fatto una critica all'ideologia della mascolinità americana o una celebrazione di essa. Richard fa entrambe le cose. Conferisce il fascino e l'attrattiva delle pubblicità, criticandone il contenuto.
© VICE, traduzione italiana Chiara Fasano
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