di James Franco
Di Werner Herzog si può dire che sia un regista della vecchia scuola, ma anche un avanguardista. La sua tecnica viene dal lavoro di un autodidatta, perché non ha mai studiato regia. Werner è nato nelle montagne della Baviera, in Germania, in un'area così rurale che la sua prima conversazione telefonica avvenne quando aveva 17 anni. Vide un paio di cortometraggi da bambino, proiettati su un muro, ma non gli fecero alcun effetto. Iniziò a scrivere poesie, ma alla fine dell'adolescenza ebbe un'epifania spirituale e si rese conto che il cinema sarebbe stato il suo mezzo di espressione. Werner voleva scrivere le sue poesie attraverso i film, ma non aveva soldi per farlo.
La mancanza di fondi per realizzare dei film all'inizio della sua carriera sembra aver lasciato un'impronta lungo tutto il suo percorso. Queen of the Desert—il film a cui ho appena lavorato con lui e Nicole Kidman—è girato in digitale. Ma nonostante potessimo girare quante scene volessimo a costi bassissimi, Werner girava solo uno o due ciak e poi diceva, con il suo forte accento tedesco: "Quando ero giovane e facevo il muratore e mettevo da parte il guadagno per comprare tutti i pezzi di celluloide che potessi permettermi, un ciak mi bastava, perché i film erano come oro per me." Dopo una settimana però, ha allentato un po' la corda. A volte abbiamo girato anche quattro o cinque ciak, godendoci il lusso della tecnologia digitale.
Werner vuole sempre battere il ciak di persona. Di solito è un compito relegato al secondo assistente o all'operatore di camera, ma Werner vuole avere il controllo di tutto. Vuole che la lavorazione ad un film sia un processo fisico—quasi come sculture in movimento più che semplici performance catturate da una lente. Werner vuole che un film riveli la condizione umana, le lotte, le passioni degli uomini e vuole mettere le mani ovunque, nelle trame più fitte del tessuto.
Il set di Werner è all'insegna del silenzio e della concentrazione. Qualcosa che lui deve domare, anche se non è un tiranno. Prima di ogni ripresa si mette al centro della scena, con il ciak in mano e ispeziona il territorio. "Silenzio sul mio set", dice con autorità. "Trovate una posizione e mantenetela. Nessuno si muova sul mio set. Non chiacchierate." Quando tutti stanno zitti e fermi, guarda gli attori negli occhi, accertandosi che siano pronti, e poi regola il suono e le luci e dà l'azione.
Werner è famoso per i suoi cinque film con Klaus Kinski—Fitzcarraldo è probabilmente il più famoso, anche se Aguirre furore di Dio è il mio preferito. In Fitzcarraldo, il personaggio del titolo (interpretato da Klaus) trascina un piroscafo lungo un monte. Werner, da regista totalmente assorbito quale è, portò sul serio un piroscafo su quel monte. Le riprese furono turbolente, a causa di problemi di budget, cast, serpenti, popolazioni autoctone ostili e incidenti con la nave. La tribù Amahuaca assaltò il set e colpì con delle frecce alcuni della troupe. Durante le riprese Werner tagliò il piede ad un uomo con una motosega per evitare che il veleno di serpente si propagasse nel resto del corpo. E dopo l'aborto a metà riprese di una versione del film con Mick Jagger e Jason Robards, a causa di una malattia di Jason, Werner dette la parte al suo vecchio amico/demone Klaus Kisnski, che dava talmente di matto quando sbraitava per questioni insignificanti, che un capotribù locale si offrì di uccidere Klaus per Werner. Tutto questo si vede nel documentario di Les Blank, Burden of Dreams, un film bello tanto quanto lo stesso Fitzcarraldo, perché il processo di lavorazione di un film di Werner è ricco quanto un qualsiasi film.
Werner tiene un seminario sul cinema di tre giorni negli hotel degli aeroporti in giro per il mondo. Lo chiama la Rogue Film School e gli studenti sono i suoi Ribaldi (Rogues). Le lezioni si basano sulla sua esperienza: un Rogue è caparbio e non aspetta che altri arrivino a finanziare i propri progetti. Un Rogue li realizza. Un Rogue impara a falsificare documenti, forzare serrature e ad essere completamente autosufficiente. E l'altra cosa di fondamentale importanza per un regista—immaginatela con l'accento tedesco di Werner—è "Leggere, leggere, leggere, leggere, leggere, leggere… Un regista non farà mai grandi film se non legge."
Werner dà sempre una lista di libri consigliati ai suoi studenti, ma resta un segreto ristretto ai Rogue… Va bene, vi dico qualche titolo: Il Rapporto della Commissione Warren, le Georgiche di Virgilio e "La breve vita felice di Francis Macomber".
Werner viaggiava a piedi per lunghe distanze quando era più giovane. Una volta andò da Monaco a Parigi a piedi per fare visita al suo mentore, Lotte H. Eisner. Camminò sulla neve ed sopravvisse al freddo in tutti i modi possibili. Arrivato a Parigi, Werner disse a Lotte che era pronto per lasciare il cinema perché, per la prima volta nella sua carriera, nessuno aveva visto un suo film. Aguirre furore di Dio è stato nelle sale per una settimana e mezzo. Lotte, semplicemente, gli disse che non gli era permesso abbandonare il cinema. Fu quello a persuaderlo a continuare a fare film per i successivi dieci anni, alla fine dei quali è diventato un artista celebrato universalmente.
Werner è aperto alle nuove tecnologie perché vuole che le cose arrivino ad una realizzazione con qualsiasi mezzo possibile. I suoi documentari lo sono solo a metà—sono la ricerca della verità di un ordine poetico. Come i suoi film di finzione, Werner è alla costante ricerca di ciò che è vitale e illuminante.
Werner ha la voce più bella di tutte. Gli amanti dell'aneddotica lo sanno. La sua voce parla di cose estreme, ma comunicate con la cadenza, l'accento e l'inflessione di un maestro del narrare storie. Werner è lungi dall'essere un egomaniaco—non è preso da se stesso; semplicemente si crogiola nei misteri dell'universo e poi ce li racconta nel suo modo speciale. Ecco perché spesso sembra superstizioso. A Werner non interessano i fatti. A Werner interessa la poesia. Werner è uno stregone.
fonte @VICE, traduzione Chiara Fasano
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