sabato 26 marzo 2011

LA RECENSIONE: 127 Ore

Regia: Danny Boyle 
Anno: 2010 
Con: James Franco, Kate Mara, Amber Tamblyn, Treat Williams, Clémence Poésy, Lizzy Caplan

Trama: la vera storia dell'escursionista Aron Ralston, divenuto tristemente famoso per essere rimasto imprigionato da una frana nel corso di una scalata nello Utah. Si liberò dopo quasi cinque giorni amputandosi da solo il braccio rimasto intrappolato.

127 Ore doveva essere una sorta di formattazione per Danny Boyle dopo il trionfo del kolossal bollywoodiano The Millionare, film che gli ha fatto guadagnare una pioggia di riconoscimenti, premi Oscar, l'entrata nell'olimpo di Hollywood e naturalmente le critiche che non si risparmiano a chi sale sul carro del vincitore. Tratta dall'omonima autobiografia di Aron Ralston, quella raccontata nel film è infatti una storia basica, con un attore protagonista e un'unica claustrofobica location, paradossalmente contrapposta allo splendido ed infinito scenario naturale in cui è incastonata. Il budget ridicolo, pochissimi giorni di riprese e la voglia di dare forma filmica ad un'esperienza estrema eppure dal messaggio universale. Boyle ritorna di fatto alla semplicità e l'immediatezza del debutto (con Piccoli omicidi tra amici) miscelando però quegli elementi accumulati nel suo percorso cinematografico e che sono diventati un inconfondibile marchio di fabbrica. E le sue sono scelte ardite e spiazzanti, per lo meno in riferimento al background che una storia come questa si porta dietro: 127 Ore non è Into The Wild di Sean Penn, che già aveva nell'uso del linguaggio uno dei suoi punti di forza, ma che rimaneva ben ancorato a suggestioni on the road da beat generation. Chris McCandles e Aron Ralston sono forse simili nel loro egoismo, ma se il primo è stato svezzato dalla letteratura, il secondo è cresciuto con la tecnologia. Quello di Boyle è quindi un film fortemente moderno, ma con scelte comunque pensate e funzionali. L'intro sincompato, videoclipparo, l'uso dello split screen, l'invadenza della musica extradiegetica diventano caratterizzazione del personaggio, un uomo immerso nella frenesia della vita moderna, lontano da se stesso, che di lì a poco si troverà a rivedere le proprie priorità. La fotografia muta fino alla saturazione accecante dei colori che è la stessa di quando si viene travolti dalla bellezza di uno spettacolo naturale ed i sensi si amplificano. Ma quando i toni cambiano, Boyle sa mettersi da parte a favore di ciò che racconta, lasciando tutto in mano a James Franco e lo spazio angusto in cui si muove.

 
James Franco. 127 Ore è il suo film, o per lo meno quello in cui si gioca tutto con un'interpretazione spinta oltre ogni limite fisico ed emotivo. Aneddoti di produzione raccontano di un Danny Boyle che in vena di sadismo lo lasciava ore da solo, bloccato tra le rocce, a trovare il momento giusto per riprendersi con la telecamera. E ancora, dialoghi tra i due in cui era talmente calato nel ruolo di Aron Ralston da rivolgersi a se stesso in terza persona ("Cosa vuoi che faccia James Franco in questa scena?"). Un ruolo a cui è approdato dopo un lavoro intenso su se stesso e una serrata frequentazione del vero Aron Ralston che gli ha mostrato i filmati girati durante la sua "prigionia". Il risultato è unico ed emozionante, soprattutto nel portare il personaggio al cuore del film. Come ha detto lo stesso Boyle "Aron si misura concretamente con l’idea della morte e, in un certo senso, per affrontare il rischio di liberarsi, deve accettare l’idea di morire. Lui affronta la solitudine, la paura, il dolore e questo lo porta dritto al nucleo essenziale dell’esistenza." James Franco diventa il veicolo del suo calvario, fino alla liberazione finale che esplode con la dirompenza di una seconda e consapevole nascita.

Recensione di Sonny in esclusiva per JAMESFRANCOITALIA

9 commenti:

  1. Concordo su ogni parola, e che piacere rileggerti. Mi hai nuovamente trasportato nel film.....
    Franco riesce a raccontarti un'intera esistenza solo con sguardi e poche parole incredibilmente realistiche.

    isa

    RispondiElimina
  2. Ma benvenuta anche qui cara ;)
    Grazie, mi hai fatto un bel complimento. Su Franco potrei continuare in eterno a tesserne le lodi, ma diventerei stucchevole. L'ho amato profondamente in questo ruolo e quel finale mi ha steso. Non vedo l'ora esca in dvd!

    RispondiElimina
  3. Franco è stato pazzesco e se emotivamente il film mi ha coinvolto lo devo solo a lui. Ma tutto il resto (regia in primis) non è è molto piaciuto e a distanza di un mese mi è scemato tutto e la colpa è solo di Boyle. Sia chiaro, non sto dicendo che fa cagare, soltanto che lo stile utilizzato è niente di più lontano dal mio universo: CSI+videoclip= caos.

    RispondiElimina
  4. FILM PAZZESCO...JAMES STRAORDINARIO PECCATO PER L OSCAR,L AVREBBE PROPRIO MERITATO.

    RispondiElimina
  5. Visto in italiano e in inglese, pianto entrambe le volte.
    James SUPERLATIVO!
    Odio / amore per Boyle.

    RispondiElimina
  6. Io a Boyle voglio un gran bene... mi ha regalato "Trainspotting". Stima a vita!! E anche questo è stato un grande film

    RispondiElimina
  7. Ho amato TRAINSPOTTING (James no, lo ha scritto ), PICCOLI OMICIDI TRA AMICI, ho persino difeso THE BEACH perché ero fan di Leo, ma gli Oscar di THE MILLIONARE erano troppi : era l'anno di MILK e GOMORRA (che non ebbe neanche la nomination ), film decisamente migliori.
    Mi sono riappacificata con 127 ORE, ma avrei lasciato a Franco ancora più spazio; però so che il pubblico non regge silenzio e lentezza come me.

    RispondiElimina
  8. E "Millions" dove lo mettiamo? Una favola sociale che strizza l'occhio ai capolavori di Frank Capra. Delizioso! Ieri ho visto "Steve Jobs" è mi è piaciuto tanto.

    RispondiElimina
  9. Non lo visto.
    Il fatto che Boyle mi divida non è negativo.

    Pensavo volessi prendermi in giro per la mia piccola cotta per Romeo -ero una fan moderata,lo seguivo poco- così ti ricordavo di Alexia!

    A me Fassy non piace, quando ho visto il trailer di MACBETH ho pensato solo che hanno speso molti soldi; meglio la versione anni '70 di Polanski, aveva quel medio evo (e dintorni ) grezzo come Pasolini e Bunuel. Non è snobismo, è che all'epoca era tutto più sporco, volgare; per abbellire troppo fanno l'errore di TRISTANO E ISOTTA che sembrano 2 fidanzati di oggi. Rimane solo la violenza ma spettacolare,invece deve infastidire.

    Ho divagato così sono tornata a parlare di James, io però voglio commentare IL DISASTROSO ARTISTA!!!

    RispondiElimina