Quando ho chiesto a Gus Van Sant di rimontare "Belli e Dannati" ("My Own Private Idaho"), ho capito quanto molti artisti e registi siano debitori a Shakespeare.
DI JAMES FRANCO
Recentemente ho fatto un film, "My Own Private River", presentato alla Gagosian Gallery di Los Angeles, insieme a dipinti di Gus Van Sant, il regista dell'originale "My Own Private Idaho".
E' un progetto insolito. Adoravo "Belli e Dannati" da ragazzo. Anche prima di recitare lo guardavo ripetutamente: c'era qualcosa, le emozioni, l'estetica, la famiglia improvvisata dai ragazzi, che parlava al mio io adolescente. Bob Pigeon, interpretato da William Richert, potrebbe essere il Falstaff di Shakespeare nell’Enrico IV; Scott Favor, interpretato da Keanu Reeves, potrebbe essere il Principe Hal; e Mike Waters, nel film River Phoenix, potrebbe essere Poins. Si trovano l’un l’altro ai margini della società e si aiutano per quel periodo delle loro vite con un’intricata combinazione di humor, aggressività e comprensione.
Quando, anni dopo, ebbi l'opportunità di lavorare con Gus Van Sant a "Milk", presentammo il film a New York, San Francisco e Los Angeles. Poi Gus voleva fare una première a Portland, la sua città, ma nessuno degli attori voleva andarci. Sapeva che ero ossessionato dal film e mi disse: "James, se vieni a Portland ti faccio fare il giro delle locations di 'Belli e Dannati'"- infatti, cosa curiosa, niente del film fu girato in Idaho. Era un sogno che si avverava, così passammo la giornata insieme a Portland nei vari siti e, sulla strada mi raccontava aneddoti sul periodo delle riprese. "Sai," mi confidò, "ho con me tutte le vecchie pellicole del film." Fu girato nel 1990-91, quindi a parte il montaggio definitivo, Gus aveva centinaia di bobine in archivio. "Le guarderemo?" gli chiesi. "No," rispose lui.
Ma diversi mesi dopo passammo due giorni a guardare quasi tutte le venticinque ore di girato. L'intenzione era solo di guardarlo - ed era incredibile. Gus non lo vedeva da quando girò il film e il suo stile registico è cambiato nel corso dei decenni. A metà della sua carriera l'estetica si è modificata, influenzata da un modo minimalistico di fare cinema, dopo di che i suoi film sono diventati poveri di dialoghi e di tagli e con piani sequenza molto lunghi. Così, mentre guardavamo quel materiale dopo decenni, la domanda diventò, "E se dovessi montare questo film oggi?" Ad esempio, c'è una scena all'inizio in cui Keanu Reeves e River Phoenix camminano per la strada e ci chiedemmo, "Se restassi su questa scena, con solo la testa di River inquadrata, la faresti durare molto più a lungo? Che senso darebbe quella scena al suo personaggio?"
Erano domande intriganti e quando il materiale in pellicola fu passato in formato digitale ed io ebbi la mia copia, chiesi a Gus se ci potessi lavorare su. Improvvisamente avevo tra le mani tutto il girato del film che ha segnato la mia adolescenza. Per me era commovente ed esilarante: cataloghiamo i nostri ricordi in base agli artefatti culturali che ci circondavano quando eravamo più giovani. Avevo fatto un lavoro del genere prima, usare del materiale altrui, prima parte di un più vecchio progetto e poi riutilizzarlo per qualcosa di completamente diverso - ma questo era speciale, lo trovavo un materiale di altissimo valore, perché è parte della storia del cinema, e della vita di River. Per queste ragioni non avevo nessuna intenzione di distruggerlo: volevo portare il giusto rispetto. Per me quel girato aveva un valore di per sé, perché ogni scena era guardabile e apprezzabile. Mi era difficile fare dei tagli, così alla fine ho fatto due film. Dalle originali venticinque ore ho montato un film di dodici ore e uno di 102 minuti. Nella prima versione ci sono diversi ciak della stessa scena, il che era un modo per mostrare il materiale come archivio, ma anche come esempio del processo di realizzazione di un film. Per la versione da 102 minuti, ho trovato un modo per non autoimpormi e vestire i panni di Gus, come se stesse realizzando il film oggi.
Quando Gus scrisse la sceneggiatura, era un insieme di tre script precedenti. Uno era un film sui ragazzi di strada di Portland; un altro, su due ragazzi ispanici alla ricerca dei genitori, che alla fine vanno in Europa; e uno era una sorta di dialogo shakespeariano in un ambiente contemporaneo. Questo era basato sul Falstaff di Orson Welles, a sua volta una compilation di tutte le scene di Falstaff nelle messe in scena dell’Enrico IV. L'altra cosa che fece Gus, e che io ho portato all'estremo, è la focalizzazione sul personaggio di Poins, in questo caso Mike Waters, intepretato da River Phoenix. Ned Poins è uno dei tirapiedi del Principe Hal: è colui che pilota la doppia rapina di Falstaff nella scena comica di Gad's Hill, ma più che essere funzionale alla trama, lo scopo è di mostrare i dettagli del personaggio in quel decadente ma esuberante sottomondo. Shakespeare ha creato 1.222 personaggi e nessuno è incidentale: sono tutti pienamente caratterizzati. E' toccante pensare a come un personaggio secondario, uno qualsiasi dei personaggi di Shakespeare, diventi poi il centro dell'attenzione. Attenzione ancora più emotivamente pregnante, grazie all'incandescente performance di Phoenix. Se poi stesse rivelando se stesso attraverso il ruolo o meno, non ha importanza, essendo quella probabilmente la migliore interpretazione della sua vita ed essendo lui morto due anni dopo. La sua performance ha acquisito ora un valore infinitamente maggiore perché il film ha immortalato il miglior attore della sua generazione all'apice dei suoi poteri. Montando questo materiale inutilizzato, mi è stato possibile dare più enfasi alla bellezza dell'essenza di River e del suo lavoro. Phoenix nel mio "remix", "My Own Private River", è isolato dagli altri attori per questo motivo - poiché è una presenza così costante - proprio come Van Sant isolò Poins nel suo film originale.
Ora il senso di "Idaho" è cambiato perché River non c'è più, ma tu vuoi che lui sia proprio lì, che continui per la sua strada, vuoi vedere cosa può fare e vuoi trovare tutto ciò che di lui vive ancora, è presente, esiste. Di conseguenza, quei momenti che darebbero immediatamente l'idea di un film normale, portano a questo film - almeno hanno portato me - perché River sta camminando, è di nuovo vivo. Ciò che voglio dire è che si avverte il bisogno di avere tutto ciò che si può ancora avere di lui. Quel desiderio che il tempo si fermi si avverte anche nell'originale: Enrico IV è, tra le altre cose, una storia di formazione. Che il Principe Hal debba diventare adulto è allo stesso tempo necessario e commovente, e per molti versi, noi vogliamo che egli possa rimanere per sempre, insieme a Falstaff, il ragazzo irresponsabile, che ama divertirsi. In qualche modo la lunghezza del girato che sono riuscito a montare, specialmente la versione lunga, serve ad estendere quel momento all'infinito - poiché River, pur in un modo orribile, adulto lo è diventato, ma dall'altro lato resta cristallizzato per sempre in quell'ora felice che ha preceduto la fine. Io non avevo le pressioni economiche del film originale, così ho potuto utilizzare una narrativa molto più libera. Quindi se l'originale aveva la necessità di raccontare una storia, il film che ho fatto io è guidato semplicemente dalla presenza di River.
Shakespeare crea un mondo così vivido, ricco e complesso che si può fruttuosamente concentrarsi su una sola parte e trovare l'ispirazione per un'intera varietà di scopi artistici: in questo caso, il risultato è costituito da due film, creati dall'atto di montare e di dare forma ad un film ("Idaho"), basato su un altro film ("Falstaff"), basato su opere teatrali ("Enrico IV"). E' una genealogia artistica, ma allo stesso tempo ognuno di noi apporta qualcosa di se stesso e dall'esterno. Se Shakespeare ha usato la storia d'Inghilterra per la sua tragedia, Orson Welles ha usato Shakespeare. Van Sant, per realizzare il suo film, ha usato Welles, Shakespeare e la sua esperienza personale. A mia volta, umilmente, io ho usato Van Sant e Phoenix per mostrare quanto li amo.
Fonte: Salon.com
Traduzione: Chiara Fasano per JAMES FRANCO ITALIA
Un altro motivo per cui mi piace Franco è che molti dei suoi progetti si rifanno a libri o film che adoro. Sono contento che abbia detto che il suo "remake" sia realizzato in onore a Van Sant e a Phoenix, perchè il film per me è intoccabile, ha una sua aura sacra.
RispondiEliminaVero! Oltretutto, essendo suo coetaneo, capisco fino in fondo l'entusiasmo per pellicole come questa. Certamente abbiamo alle spalle esperienze diverse, ma ricordo benissimo cosa è stato "Belli e Dannati" in quel periodo, Questo post mi ha commosso, ecco.
RispondiEliminaIo l'ho scoperto un paio d'anni fa, prima non ne avevo mai sentito parlare, ahimè. Dal momento in cui l'ho guardato, però, ne sono "ossessionato". ;)
RispondiEliminaFrancofrenia molto condivisa ;) Per me è cominciata con 127 Ore ma, assurdo, è esplosa con Shadows and lies di Anania. Comunque, per tornare al mito di Belli e dannati, la cosa del film che più mi è piaciuta è proprio il mito dell'Idaho, che sembra un non-luogo fuori dal tempo (la fotografia del film è meravigliosa). Il contrasto con quella strana comunità di anime perse è davvero commovente.
EliminaA me è piaciuto il riferimento a Shakespeare. La sua influenza nel mondo della comunicazione artistica è stata importantissima. Ha rivoluzionato il senso della "performance", della costruzione e dell'importanza dei personaggi, e la sua eredità è arrivata fino ad oggi.
RispondiEliminaE' bello che lo abbia evidenziato in questo articolo.
James Franco è l'uomo dei miei sogni
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