11 giugno - Mentre la mia estate di lettura continua, a volte trovo il tempo per vedere dei film. Qualcosa mi ha messo in testa Sean Penn – presumo l'averlo visto brevemente in When the Levees Broke, il documentario di Spike Lee sull'uragano Katrina. Ho realizzato, non senza vergogna, che nonostante mi reputi uno dei suoi più grandi fan, ho perso qualcuno dei suoi film. Soprattutto tra i primi, che non erano disponibili nella mia videoteca di fiducia: Crackers di Louis Malle; Racing with the Moon, co-interpretato da un fantastico Nicolas Cage con ancora i capelli e Judgment in Berlin, diretto da suo padre, Leo Penn. Ora che i film possono essere noleggiati online, li ho visto immediatamente in streaming su Amazon.
Sia Crackers che Racing with the Moon sono dei classici dimenticati. Crackers racconta di un gruppo di disadattati che passano dalla routine familiare ad una piccola ed incasinata rapina, ma a brillare sono le meravigliose interpretazioni di un giovane Penn, di Donald Sutherland, Wally Shawn e Jack Warden. Il grande Louis Malle (Murmurs of the Heart, My Dinner with Andre e, penso, un paio di documentari sull'India che hanno influenzato Darjeeling Limited di Wes Anderson), si è ispirato ad un film italiano chiamato Big Deal on Madonna Street per girare Crackers. Come molti dei film di questo tipo (The Ladykillers e il suo remake, Rififi; Small Time Crooks; Sneakers; e Oceans 11, 12 e 13), il divertimento sta tutto nel vedere gli attori che interpretano personaggi estremi. Sono quasi certo che Sean Penn avesse la mascella fissata da una protesi per simulare la mandibola sporgente – da giovane discepolo di Brando, ha portato il suo personaggio, un musicista del Sud, ad un livello superiore. Sul set di Milk, ebbi una conversazione con Emile Hirsch, che non era estraneo all'approccio di Sean Penn alla regia, su come i giovani attori spesso abbiano bisogno di fare qualcosa di folle durante la preparazione di un personaggio per dimostrare tutte le loro abilità. Penso che Crackers abbia ispirato Sean a fare una cosa del genere.
Racing the Moon è invece un bellissimo film su due ragazzi degli anni ’40 che aspettano di imbarcarsi come marines per la Seconda Guerra Mondiale. Mette in risalto il talento dei giovani Nic and Sean, due ragazzi nati nell’industria cinematografica e pieni di potenziale.
Sul fronte libri, stavo leggendo classici reinterpretati (Blood and Guts in High School) e opere che hanno a che fare con narratori poco convenzionali (The Virgin Suicides). Blood and Guts di Kathy Acker, scritto alla fine degli anni ’70 e pubblicato nel 1984, non si limita solo a citare The Scarlet Letter di Nathaniel Hawthorne, ma se ne appropria riscrivendo la storia dalla prospettiva di una ragazza estremamente promiscua – o con una fervida immaginazione.
The Virgin Suicides è un bellissimo romanzo di Jeffrey Eugenides che Sofia Coppola ha trasposto in un film altrettanto bello, nonostante qualche piccola variazione. Era il primo film della Coppola, e ha cercato di essere il più possibile fedele al libro nel suo adattamento. Non so se Eugenides ha incoraggiato le sue scelte, ma mi sembra abbia avuto un qualche ruolo nella produzione del film. Due elementi chiave cambiano quando la storia si sposta dalla carta alla pellicola. Il primo è il luogo, che è centrale nel libro. Il film non è stato girato a Grosse Pointe, Michigan, e non si riferisce in modo specifico ad una città così come avviene nel romanzo. Il secondo è il narratore. Il libro è raccontato da un narratore collettivo la cui identità non è mai chiara, ma nel film vediamo che questo avviene attraverso il gruppo di ragazzi che sono ossessionati dalle sorelle suicide.
Il romanzo non è affatto centrato sui personaggi; è un giallo il cui esito si conosce sin dall’inizio, e questo permette ad Eugenides di descrivere minuziosamente tutti i dettagli della sua città natale. Nel libro, i ragazzi cercano di mettere insieme i pezzi per capire dove e perché le ragazze si uccidono, ma sanno che le loro indagini sono ossessive quanto inutili, quindi si aggrappano a qualsiasi dettaglio per fare luce su quanto è avvenuto.
Dato che i ragazzi parlano attraverso una voce collettiva, non sappiamo nulla delle loro personalità; al contrario abbiamo un punto di vista privilegiato sul modo in cui dei ragazzi di uno specifico periodo e posto pensano, parlano e si comportano. Per questo motivo il luogo è così importante nel libro. Si può dire sia più un racconto sull'essere giovani a Grosse Pointe negli anni 70, e non sulle sorelle suicide. La Coppola ha ambientato il film a Grosse Pointe, ma non ha girato davvero lì, quindi non ha potuto immergersi in quei dettagli.
Quando ho scritto della mia città natale nel libro Palo Alto, ho avuto anche io l'impulso di aggrapparmi al passato. Volevo appigliarmi agli amici con cui sono cresciuto o che sono morti. Volevo ricordare le esperienze che ho avuto in un tempo specifico – nel mio caso i primi anni '90. Naturalmente, ho romanzato molte di queste, ricontestualizzandole per dare nuova enfasi e significato, almeno nella mia testa. Non stavo scrivendo un trattato sociologico su Palo Alto; stavo usando il posto e le persone per dare forma alle mie storie e interessi. Suppongo che Eugenides abbia fatto una cosa simile, al di là del fatto che le sue intenzioni siano o meno uguali alle mie. Ha usato le sue esperienze per costruire una storia e renderla specifica. Dubito ci fossero cinque sorelle morte suicide a Grosse Pointe quando era ragazzino, ma mettere un esempio così estremo di comportamento adolescenziale al centro del libro – e persino nel titolo – ha dato vigore al resto della storia.
In effetti, i suicidi – questi inspiegabili gesti di violenza al centro del libro – gli permettono di scrivere una storia altrimenti piatta. Questo non vuol dire che il libro sia piatto, ma che la sua trama, una volta delineata, risulta semplice e prolissa: sappiamo da subito, sin dal titolo, che tutte le sorelle si uccideranno, quindi il momento culminante è rivelato all'inizio del primo capitolo. Il libro si apre con il suicidio della figlia più piccola, Cecilia. La sua morte spinge il libro in movimento. Dopo di questo, non rimane altro che impiegare pagine e pagine per riempire gli spazi vuoti lasciati dalle misteriose sorelle.
Gli altri punti clou sono il corteggiamento di Trip, davanti alla fontana, della seconda sorella più piccola, la quattordicenne Lux, e la successiva sequenza del ballo. Visto che Lux ha infranto il coprifuoco, le ragazze vengono confinate in casa come prigioniere, e passano il resto del libro intrappolate lì dentro. Lux fa sesso con sconosciuti sul tetto, i ragazzi e le ragazze ascoltano musica al telefono, ma non accade nient'altro – eccetto il suicidio di gruppo. Questo significa che la maggior parte della narrazione è dedicata a tutto ciò che può essere raccolto sulla vita delle ragazze e alla descrizione di tempo e spazio. I ragazzi sono così ossessionati che collezionano gli oggetti delle sorelle come archeologi o investigatori sulla scena del crimine. Io li vedo come dei sostituti di Euginides, la cui preoccupazione per i suoi anni da adolescente è il vero motore del romanzo.
I narratori collettivi e senza volto permettono ad Eugenides di focalizzare l'attenzione del lettore verso l'esterno, lontano dai ragazzi e sulle ragazze. L'ossessione dei ragazzi è rappresentata come come un collettivo, non come l'ossessione individuale che i fratelli Compson hanno per Caddy in The Sound and the Fury di William Faulkner. In quel romanzo, Benjy, Quentin e Jason sono consumati dai pensieri su Caddy, ma la loro passione si manifesta in modo diverso a causa delle loro differenti personalità e modi di pensare. Faulkner ci dice chi sta pensando a Caddy e come lei influenza i singoli narratori. In The Virgin Suicides, i narratori sono evanescenti come le mitiche sorelle Lisbon. Non vediamo nessuno di questi ragazzi avere dei momenti privati. Ogni tanto, uno di loro viene chiamato per nome e abbiamo uno spiraglio su qualcosa che ha fatto, ma niente che possa distinguerlo dal resto del gruppo. Non è nemmeno chiaro se i ragazzi nominati facciano parte del gruppo – momentaneamente allontanati dalla banda per avere fatto qualcosa di strano, per poi essere nuovamente risucchiati dentro – o se siano diversi da quelli che raccontano la storia. E quanti ragazzi compongono questo "noi"? Trip Fontaine è uno di quelli che certamente non ne fa parte. I ragazzi lo intervistano quando è cresciuto, suggerendo che non appartiene al circolo e quindi merita di essere interrogato come gli altri adulti. Automaticamente non è funzionale a costruire la coscienza collettiva del racconto.
L'uso dei dettagli che caratterizza il romanzo mi fa pensare a Vladimir Nabokov – tanto più che in Lolita Nabokov era ansioso, al pari di come fa qui Eugenides, di mischiare riferimenti alla cultura pop con metafore incredibilmente acute. L'influenza di Nabokov si può sentire anche nel trattamento della memoria in The Virgin Suicides. Nabokov, che ha intitolato la sua autobiografia Speak, Memory, era ossessionato dal potere della memoria, dal modo in cui ricreiamo le nostre vite attraverso la rivisitazione, e l'influenza che il passare del tempo ha sul mondo. Nabokov ha detto di aver provato a catturare con estrema chiarezza il mondo che lo circondava, perchè un giorno le cose che decorano e definiscono il mondo e noi stessi risulteranno antiche. Penso che questa sia una perfetta descrizione di ciò che Eugenides ha fatto con The Virgin Suicides: ha creato uno splendido ritratto delle scuole superiori in un tempo e luogo specifico.
Autore: James Franco
Fonte: The Huffington Post
Traduzione: Sonny per James Franco Italia
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