martedì 11 giugno 2013

‘American Psycho’: Ten Years Later/Twenty Years Later



di James Franco

Ho ascoltato l'audiolibro di American Psycho recentemente. E' uscito nel 2011 ed è narrato da Pablo Schreiber, il quale svolge il suo compito abbastanza bene. Non lo ridicolizza o non fa troppe voci buffe per i diversi personaggi. E' sottile, con appena abbastanza inflessione per distinguere ogni pezzetto di dialogo. Consegna tutto con la fredda fattualità che Patrick Bateman richiede.

Se Bret Easton Ellis è, come molti credono, l'enfant terrible della letteratura della gioventù disincantata degli anni 1980, è solo perché è anche segretamente uno stregone capace di evocare incantesimi multivalenti di celebrazione e punizione che sovvertono i significati e il valore di sesso, soldi, consumismo e intrattenimento. Ne consegue soltanto che American Psycho è (almeno per ora) il pinnacolo della sua arte: il malevolo canto del cigno di un'era che riassume il suo tema con un perfetto equilibrio tra ampiezza e incisività. Grossa satira distribuita con una tecnica iperrealistica.

Il romanzo è stato pubblicato nel 1991, quindi è chiaro che Bret stava spendendo la vita -- si potrebbe anche dire sbavando -- poiché l'ultimo decennio analogico giungeva alla sua conclusione. Sono arrivati gli anni novanta, smantellando l'era "moderna" e forse addirittura quella "postmoderna", spostando le cose di traverso in una direzione che non è stata definita fino alla fine del 2001, e solo allora sotto le sembianze di terrorismo internazionale e conseguenti guerre per procura. Ma una cosa era certa: i confini prestabiliti tra gli yuppie ricchi e gli insider del centro si sono tutt'altro che sciolti sotto l'onnipervadente pressione dello sguardo ciclopico a raggio laser di MTV e una generazione che vedeva la sua produzione come evangelica. Era un'era che mescolava senza sforzo e ignorantemente (con certi livelli di beatitudine) il nuovo sound del grunge teen-spirit di Cobain con l'esplosione dell'hip-hop G-funk sulla scia di The Chronic, anche se le ripercussioni culturali sovrastanti non sono state realizzate fino alla fine della coda degli anni duemila.

Lo splendore solarizzato degli anni ottanta era ed è ancora così brillante che è stato difficile da erodere al suo rivestimento per svelare cosa stava accadendo al di sotto. Questo dilemma, a ben vedere, è esemplificato da ciò che in ultima analisi era una delle creazioni di Bret: l'adattamento per il grande schermo del 1987 di Less Than Zero, la denuncia da parte dell'autore degli adolescenti della Los Angeles benestante i quali erano prevalentemente guidati da irresponsabilità ed immoralità. Il film non riesce ad incorporare gran parte del valore letterario del libro, se presente, vale a dire la presentazione rigida e minimalista del testo dell'inflessibile nichilismo diffuso sia nel suo tema che nei suoi personaggi. Il film, invece, fa molto affidamento a tono e scenografia, assegnando ai personaggi archi narrativi classici quando gli unici archi che si trovano nel libro di Bret erano stabili linee piatte che alla fine si tuffano da una scogliera e, come suggerisce il titolo, nel negativo.

American Psycho, d'altra parte, fa tutto, in entrambe le forme: il romanzo e il susseguente film catturano, celebrano e fondono gli anni ottanta al loro spudoratamente superficiale nucleo consumistico/capitalistico. Non c'è vero grasso da tagliare su nessuna estremità, perché il decennio era unicamente uno di indulgenza egoista, e non sarebbe così inverosimile dire che le conseguenze dei suoi peggiori trasgressori sono solo ora avvertite da una generazione che viene rimossa almeno il doppio. Dunque perché è un'ambientazione così affascinante per la narrazione, specialmente quando quella storia ha la sostanza per essere filata attraverso molteplici media.

Il libro attacca gli anni ottanta su due fronti distinti: l'appropriazione e interiorizzazione dello stile -- entrambi nella sua estetica e trama -- e l'accumulazione incessante dell'abietto. Patrick Bateman è il re di tutte le cose: soldi, musica, donne, fitness, delitto, film. L'epitome dell'onnivoro moderno, consuma ed è un intenditore di tutto.

La passionale esegesi di Patrick su Huey Lewis & the News, un gruppo la cui opera, alcuni potrebbero sostenere, non giustifica tale lode o attenzione, è sia tristemente oscuro che umoristico poiché è così psicopaticamente dettagliato. E' un'ossessione davvero moderna che si allinea esattamente con resoconti dettagliati della sua ripugnante tortura e uccisione delle sue prede innocenti (per lo più donne, ma significamente le sue vittime includono anche un senzatetto, cani, ed un uomo gay). Il tipo di attenzione ossessiva che presta e Huey Lewis riassume il modo in cui il libro e il suo protagonista operano: Patrick fa delle osservazioni salienti ma in definitiva valide riguardo alla valutazione di ciò che rende grande la musica pop, pur deridendo ironicamente tale tariffa in virtù dell'attenzione che raccoglie dal pubblico nel suo insieme. E' come se Bret stesse dicendo, Bene questo è ciò che gli anni ottanta avevano da offrire, per cui lo affronterò in una maniera che lo renderà molto più prezioso col senno di poi.

Un prodotto degli anni ottanta, amo The Breakfast Club e Ferris Buller's Day Off tanto quanto chiunque, ma non direi che sono film su cui ritorno di volta in volta per plasmare la mia anima o per ricordarmi del tipo di anima che mi abitava precedentemente. Al contrario, l'opera di John Hughes e dei suoi contemporanei mi immerge in impressioni estetiche di un determinato momento e luogo. Così quando cerco di digerirla nel contesto della mia vita attuale, la mia inclinazione è di provare a preservare e richiamare lo spirito innocente che avevo quando l'ho sperimentata per la prima volta da ragazzo (avevo Ferris su videocassetta e lo guardavo ogni giorno di malattia, i quali erano tanti, perché odiavo la scuola) attingendo contemporaneamente alle mie esperienze di allora per criticare la loro inane e benigna vernice spennellata sull'esperienza umana, come se gli unici problemi che necessitano di essere superati nella vita siano in grado di baciare la persona dei propri sogni, e che tutto andrà bene fintanto che una colonna sonora buonista suoni in sottofondo.

Ecco perché American Psycho ha causato così tante polemiche quando è stato pubblicato. La violenza nel libro è incredibile. Il suo eccesso misogino è stato ben notato e criticato. Ma sono sicuro che la sua minuzia esaustiva della brutalità di Patrick Bateman è uno degli ingredienti che ha reso il libro un bestseller e una pietra di paragone culturale, nonostante sia stato scaricato da Simon & Schuster e rivenduto a Vintage immediatamente prima della sua prevista pubblicazione. Il livello di dettaglio con cui sono descritte le uccisioni nel libro sono 100 volte peggiori di ciò che è mostrato nel film. Gran parte di ciò che era contenuto in queste scene veniva considerato infilmabile all'epoca, ma, in realtà, penso che siano esattamente ciò di cui il film ha bisogno. E, se internet ci ha insegnato qualcosa nel frattempo, è che l'umanità non ha assolutamente nessun riguardo per gli umani. Video di decapitazioni, eclatanti crimini di guerra nei confronti dei bambini, e video snuff possono essere trovati online in modo relativamente facile se uno vuole vederli. Questo non era il caso nel 1991, quando American Psycho ha sbalordito le masse con le sue rappresentazioni scritte di sfrenata carneficina -- rappresentazioni che in realtà dovevano essere immaginate dal lettore. Esse sono state informate dall'estensiva immersione profonda di Bret in rapporti di omicidi particolarmente selvaggi alla biblioteca pubblica di New York, che porta alle domande in merito al fatto se l'obiettivo finale dell'autore fosse offrire rappresentazioni accurate delle profondità della barbarie nell'epoca moderna, o semplicemente riconoscere che gli esseri umani sono capaci di tali atrocità.

In retrospettiva, la creazione di un personaggio tanto vitriolico e spietato quanto Patrick Bateman potrebbe anche essere interpretata come una critica letteraria del maschile, competitivo, e largamente distruttivo mondo di Wall Street: gli affaristi che fondono e acquistano e violentano e saccheggiano sono assassini metaforici, quelli che non devono sporcarsi e insanguinarsi le mani come fa Patrick così letteralmente, ma che comunque si eccitano ugualmente. Gli omicidi espertamente realizzati e coreografati del libro sono metafore adatte per la violenza inflitta dal sistema finanziario degli Stati Uniti in modi più insidiosi e sottili -- attraverso il capitalismo incontrollato e l'onnipresente identicità della cultura di massa. Alla fine, si potrebbe dire, siamo tutti le vittime di tale violenza, tutti i giorni.

Poco più di dieci anni dopo l'uscita del libro, l'adattamento cinematografico di American Psycho ha trovato successo per i suoi meriti. Gran parte del suo momentum fa affidamento al casting di un pre-Batman Christian Bale, il quale è in forma fisica così eccellente che fa sembrare il Terminator di Schwarzenegger cicciottello. Fin dal suo inizio, la produzione aveva un crogiolo ponderoso da sopportare: la stampa negativa residua dal libro e, ancora più scoraggiante, le innate difficoltà a raffigurare le scene più grafiche del romanzo sullo schermo senza allontanarsi dagli eccessi psicopatici a cui si affida la sua trama. Nel complesso, credo che i cineasti abbiano fatto un lavoro eccellente nell'adattare il materiale, e posso immaginare che scegliere una regista donna (sebbene una grande) per guidare il progetto abbia fatto molto per disperdere ogni potenziale critica di sensazionalismo sessista.

Ciò che è strano è che il film non si inciampa quando fiancheggia le estremità del materiale di origine. I suoi trabocchetti sono invece il risultato dell'affidarsi troppo pesantemente all'eccesso e alla temerarietà dell'epoca in termini del suo sviluppo dei personaggi -- al punto che a volte confonde l'interpretazione di Christian Bale perché diventa sempre più difficile vedere le profondità della sua psicopatia quando tutti attorno a lui sembrano anche come uno psicopatico.

Nel libro, sia Patrick Bateman che il lettore (il quale è indirizzato direttamente più volte nel corso) vedono gli altri personaggi come mezzi per un fine -- ritagli di cartone e bambole da gioco che non servono a nulla se non a distrarre il narratore dalla sua incurabile noia e dall'intorpidimento dell'apatia. Viene intenzionalmente lasciato poco chiaro al lettore se gli avvenimenti inquietanti che infine Patrick trasmette ai suoi colleghi (i quali respingono ampiamente le sue storie in quanto scherzi di cattivo gusto) avvengano realmente o siano completamente deliranti. Ad ogni modo, ciò che è certo è che è un completo psicopatico. Logica, comprensione, empatia sono totalmente -- quasi oppressivamente -- lasciate fuori dal romanzo. Si potrebbe dire che queste caratteristiche siano anche assenti dalla maggior parte delle interazioni nell'età moderna, anche se sono più prontamente disponibili che mai.

A Leonardo DiCaprio era stata notoriamente quasi assegnata la parte di Patrick Bateman in seguito al mega successo di Titanic, ma alla fine si è tirato indietro, e Bale, la scelta originale della regista, è ritornato. Alla fine di quest'anno Leo sarà in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, che probabilmente ruoterà attorno a gran parte dello stesso tipo di cultura capitalistica estrema che ha informato il romanzo di Bret e il susseguente film. La mia ipotesi è che rappresenterà e criticherà una cultura molto misogina e competitiva, ma sarà accettato in modi che ne il libro ne la versione cinematografica di American Psycho sono stati. Ho il sospetto che questo sia dovuto al fatto che nessuno possa superare l'idea secondo la quale il suo protagonista (a differenza dell'antagonista) -- un businessman americano di grande successo in base agli standard delle masse -- sia anche un brutale serial killer a cui piaceva davvero Huey Lewis.

Detto tutto questo, nel 2011 giravano voci su un remake del film. Sembrava che Bret Easton Ellis fosse eccitato dalla prospettiva (sia pure con l'avvertimento che al marito di Kourtney Kardashian, Scott Disick, fosse stata data la parte del protagonista), ma non sono sicuro che scopo avrebbe perché: 1) Non riesco ad immaginare nessuno tranne Christian Bale interpretare Patrick Bateman; 2) includere più della violenza dal libro, o ambientare la storia dopo la grande recessione sono gli unici modi per distinguerlo abbastanza dall'adattamento originale al fine di giustificare un remake, e nessuno sembra così tanto attraente; e 3) perché mai qualcuno dovrebbe voler vedere un remake del film quando il muscical di American Psycho è a soli sei mesi di distanza.

fonte Vice / traduzione Eva Edmondo

3 commenti:

  1. Il più bell'articolo cinematografico di James!
    American Psycho sta agli Ottanta come A sangue freddo di Capote agli anni Cinquanta e il volto patinato di Bale giovanissimo è perfetto per quella parte. Ricordo che mentre lo guardavo mi venivano in mente come sostituti solo i due giganti di Belli e dannati. Oggi sarebbe difficile rendere quelle atmosfere senza pomparle con effettoni specialissimi e con attori muscolari poco adatti alle sfumature psichiatriche di Patrick Bateman.

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  2. Daniele. nonostante non avessi amato molto il film della Harron, devo darti ragione. Visto nella prospettiva di un remake post torture-porn wave, aveva comunque un senso. Feci l'errore di giudicarlo partendo dal libro e da allora non l'ho più rivisto. Dovrei dargli una seconda possibilità. Certo non ci piove sul fatto che Bale fosse perfetto.

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    1. E' vero che quel libro è talmente dettagliato e ti stordisce di particolari che il cinema non potrà mai rendere (a meno che un film non duri otto ore), ma a questo punto, con un po' di distacco dalla lettura, una seconda possibilità gliela devi concedere per forza. :)

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