Riportiamo la traduzione dell'intervista a James Franco uscita su The Guardian.
Quello che mi interessa di Psycho è il modo in cui il film racconta la vita immaginaria di un uomo – come Norman Bates tiene sua madre viva nel mondo della sua immaginazione. E' un gioco delle parti: lui interpreta lei e poi quel personaggio prevale sul suo vero io. Così giustifica le sue azioni più estreme, omicidio incluso, perché le compie quando è scivolato in un altro stato psicologico. Certamente amo il film del 1960 di Hitchcock, ma Psycho Nacirema, l'installazione che ho realizzato insieme al video-artista scozzese Douglas Gordon, non vuole essere un omaggio.
Nell'esposizione usiamo il film e le performance come ispirazione per una nuova opera. L'anno scorso ho realizzato un'installazione frutto della collaborazione con un gruppo di artisti che includeva Douglas, il regista Harmony Korine e l'artista di Los Angeles Paul McCarthy. Siamo partiti dal film del 1955 Gioventù Bruciata. Ognuno ha lavorato su un aspetto diverso: il film stesso; la leggenda di James Dean; parti della sceneggiatura originale mai utilizzate per il film. Mi è piaciuto tanto quell'approccio. Mette insieme diversi aspetti della mia vita.
Per Psycho Nacirema abbiamo ricreato molte stanze del set originale del Bates Motel: il bagno, la camera della madre, l'ingresso, l'esterno con il cartello "No Vacancy". Mi è stato dato il permesso di fare delle riprese nel Bates Motel agli Universal Studios, dove fu girato Psycho. Abbiamo creato la nostra versione delle scene più iconiche del film, inclusa quella della doccia, in cui io interpreto Marion Crane, il personaggio di Janet Leigh. Girare in quel luogo è stato come comunicare con i morti di Hollywood. Nell'originale, lo psicopatico è un travestito e la vittima una donna. E' ovviamente un'idea antiquata quella per cui un travestito è uno psicopatico. Interpretando io Marion Crane, spero di scalzare quell'ideologia datata. Mi interessa molto il gioco di ruoli: se sono io il travestito, è chiaro a tutti che sto interpretando un "personaggio". Questo genera la consapevolezza delle scelte che compiamo ogni giorno per diventare quello che siamo. Tutti quanti interpretiamo dei ruoli.
L'installazione gioca molto su realtà versus fantasia. Psycho è un film. Anthony Perkins, da attore, crea il suo mondo immaginario mentre anche il suo personaggio, Norman Bates, sta compiendo una performance. E' in tutti questi livelli di finzione che mi interessa inserirmi, interpretando un personaggio del film e anche delle persone reali.
Ho studiato molto arte, regia e scrittura. Gli studenti sono incoraggiati a trovare la propria voce per chiedere a se stessi: "Cosa puoi produrre che nessun altro può fare?" Quando ho iniziato a lavorare ai miei progetti artistici, ho pensato che dovessi allontanarmi dal mondo del cinema. Ma poi mi sono reso conto che tutti i miei artisti preferiti guardano al cinema per ispirarsi: Cindy Sherman, Richard Prince, Dan Colen e Douglas Gordon (che nel 1993 ha fatto 24 Hour Psyco, una versione a rallentatore del film). Ho capito di essere in una posizione unica: io vivo il mondo del cinema dall'interno e posso benissimo coniugare le due discipline. Appena ho agito di conseguenza, ho sentito di avere una nuova energia.
Non faccio solo riferimento a Norman Bates. Sono anche stato influenzato dal famoso assassino del Wisconsin Ed Gein. Era un individuo veramente malato, celebre negli anni '50 per aver fatto dei mobili con i cadaveri delle persone che aveva ucciso, ma non solo. Dissotterrava anche altri corpi. Li estraeva dalle loro tombe e poi faceva dei paralumi e altri mobili con la loro pelle. Robert Bloch, autore del libro da cui è tratto il film di Hitchcock, si è ispirato a Gein. E Gein, a sua volta si ispirò al massacro del Texas Chainsaw e al libro di Cormac McCarthy Figlio di Dio, che io ho recentemente adattato per il cinema. Ho dato alla mia installazione quell'atmosfera inquietante e disturbante che richiama alla mente Gein. Portandosi agli estremi, gli scrittori e gli artisti possono lavorare con i comuni tratti della psicologia umana – che tutti condividiamo – ed esaminarli in un modo più cupo.
Un altro aspetto che mi ha intrigato è lo scandalo di Fatty Arbuckle. Era un attore, proprio come me: faceva commedie del cinema muto negli anni '20. Anche lui aveva un'immagine pubblica, essendo una celebrità del suo tempo. Ma oggi, tutto quello che si sa di Fatty è che fu accusato di aver stuprato e ucciso una donna durante una festa al St. Francis Hotel di San Francisco. Ho lavorato di recente con il regista sperimentale e attore Kenneth Anger. L'ho diretto in un video musicale per la mia band, i Daddy. Lui ha scritto dello scandalo di Arbuckle nel suo libro Hollywood Babylon, che riprende i vecchi gossip e gli scandali del Tinseltown e li riscrive fino a farli diventare miti o leggende.
Fatty fu assolto, ma la sua carriera fu rovinata: il pettegolezzo ha la stessa potenza della verità. Quell'omicidio accompagna la sua memoria. La sua professione era far credere ciò che non era vero, ma a causa di qualcosa successa nella sua vita vera, quel mondo immaginario è stato intaccato.
Ho fatto delle riprese nell'hotel in cui si svolse quella festa. Abbiamo girato diverse possibili versioni dell'accaduto e io ho interpretato Fatty: una in cui è innocente, un'altra in cui è colpevole. Era famoso per fare un tipo di comicità farsesco, quindi ho ricreato alcuni cortometraggi di Chaplin, ma li ho rallentati così tanto da far sparire l'elemento comico. Il risultato è una serie di persone che si picchiano l'un l'altra.
Qual è la mia motivazione? Sto solo cercando di andare in fondo al cuore di questa strana creazione che chiamiamo cinema.
Intervista di Sky Sherwin / Traduzione di Chiara Fasano
Dopo la lettura di questa intervista devo scrivere questo pensiero e se divago un po' spero che Sonny mi perdonerà. Questo articolo capita nel momento giusto, perchè esattamente un anno fa, il 12 giugno, vedevo 127 Ore e scoprivo l'esistenza di James Franco. All'inizio ero scettico su un sacco di cose (Sonny e Chiara ricorderanno), poi grazie a questo blog appassionato e a tutti quelli che postano commenti ho imparato a ricredermi. James è un turbine di idee che sta cercando la sua strada, e quando l'avrà trovata farà faville. Il percorso però non può escludere esperimenti e cose bizzarre, come questo progetto di Psycho Nacirema. Lo ammetto: penso che James farebbe meglio a non fare troppe cose (non penso ai tempi biblici che si concedeva Kubrick però ci vuole un po' di cura dei dettagli, penso ai suoi film e al fatto che per bontà e fiducia forse James tende a delegare troppi lavori di cui farebbe meglio a occuparsi in prima persona, senza solo visionare "dall'alto"). Trovo questo progetto bruttino, ma questo è solo un giudizio personale, quello che invece non è un giudizio estetico personale è quello che ho letto qualche giorno fa, un tweet che definiva inutili certi lavori di James Franco. Ecco, questo mi fa incazzare enormemente: bello o brutto, riuscito o meno, ogni esperimento è una pietra miliare nel percorso della propria ricerca. Dove porta nessuno ha la sfera magica per dirlo, ma cassare come inutili progetti o lavori fatti seriamente, non per gioco, è solo una cafonata detta da chi ama giudicare senza sporcarsi le mani e, in particolare, senza produrre un bel niente.
RispondiEliminaOk, mi sono sfogato. ;)))
Mmmh, da dove cominciare...?
RispondiEliminaIntanto grazie Daniele per questo e per tutti gli altri tuoi commenti, sono sempre dei bei spunti di riflessione.
La parola "inutile" è talmente abusata in questi casi! E' come quando la gente guarda un'opera d'arte contemporanea e dice: "Eh, ma l'avrei saputa fare anch'io questa cosa!" "Eh, ma non l'hai fatta", rispondo sempre io. Non c'è neanche bisogno di tener conto di quei commenti.
Invece quello che hai detto tu mi ha fatto pensare. Hai detto che James sta cercando la sua strada. Bhè, secondo me il suo percorso E' già la sua strada. E' questo continuo sperimentare con la sua vita, con ciò che scopre davanti e dentro di sé giorno dopo giorno, che poi visto in una prospettiva più ampia, è quello con cui OGNI essere umano si trova a fare i conti: i rapporti con gli altri, con se stessi, le piccole manie, le ansie. Poi i singoli lavori possono piacere o non piacere (ad esempio a me questo progetto intriga molto più del Gay Town presentato a Berlino), ma poco importa. Quello che è straordinario di James Franco, e non dico nulla di nuovo credo, è che sa di essere nella posizione in cui può realizzare, sperimentare e condividere con un pubblico questo percorso. E' un turbine di idee, come hai detto tu, vuole metterle tutte in pratica, e secondo me sa benissimo che alcune avranno successo e altre meno, ma non è questo che lo ferma, anzi! Ogni progetto è una sfida: dove mi posso spingere? Cosa posso realizzare? Cosa posso creare di unico? (Come ha detto lui stesso nell'intervista) Questo io lo trovo ammirevole.
Però Daniele, parli di dettagli, e ti posso assicurare che questa è una mostra di dettagli e sfumature. Niente è lasciato al caso, la messa in scena è straordinaria, anche perchè dietro c'è uno come Douglas Gordon a dirigere. I livelli di lettura sono poi così diversi è stratificati, che definirlo un progetto "inutile", lascia davvero il tempo che trova (come giustamente dici). Il fatto che alcuni suoi lavori escano a raffica non implica che li abbia messi in piedi in due settimane. Basta ricordare che gli indizi di questa mostra li abbiamo avuti già un anno fa. Mi accodo a Chiara sulle riflessioni riguardo il suo percorso, che condivido totalmente!
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