sabato 14 gennaio 2012

James Franco: la recensione di 'The Artist' e 'Il gatto con gli stivali' per The Paris Review

The Artist e Il Gatto con gli Stivali. Entrambi hanno una narrativa relativamente semplice. In The Artist un attore di successo del cinema muto perde consensi con l'avvento del sonoro e una giovane attrice con una cotta per lui lo sorpassa nella scalata al successo. Il Gatto con gli Stivali è un collage revisionistico che ruba personaggi riconoscibili da una varietà di fonti letterarie, principalmente dall'eponima fiaba di Charles Perrault del diciassettesimo secolo, e li mescola insieme. Entrambi selezionano elementi da vecchi film e situazioni familiari – ed entrambi con successo, in parte a causa della gioia che ci prende ogni volta che riconosciamo motivi comuni alla memoria collettiva, leggermente modificati in modi nuovi. Ma l'aspetto principale di ognuno di questi due film è l'approccio tecnico ai rispettivi soggetti. Uno è un film muto della vecchia scuola e l'altro utilizza l'innovativa animazione computerizzata, però la tecnologia è protagonista in entrambi i film, ma un protagonista così ben intrecciato nelle trame dei due film, da non sovrastare mai le singole performances.


The Artist è un racconto affascinante, teso e ben narrato, ma non dice nulla di nuovo. La giovane attrice ambiziosa e l'uomo di Hollywood con esperienza sono tipi che troviamo in innumerevoli romanzi e film hollywoodiani: Mabel's Dramatic Career (1913, diretto da Mack Sennett, con Fatty Arbuckle), My Strange Life (libro del 1915), Souls for Sale (libro e film di Rupert Hughes, zio di Howard), E' Nata una Stella (1937, 1954, 1976) e il romanzo di Horace McCoy, Non Si Uccidono Così Anche I Cavalli? – per non parlare di Cantando sotto la Pioggia. Di solito, in queste storie, l'attrice scopre che Hollywood è un posto superficiale e torna a casa, alla ricerca di qualcosa di più profondo nel Midwest, oppure trova il principe azzurro tra i predatori di Hollywood e, insieme al principe, trova anche il successo professionale. In The Artist, la traiettoria seguita dai personaggi è la stessa di È Nata una Stella, ma in The Artist, la tragedia è evitata, alla fine, dall'attrice innamorata, che aiuta l'attore spacciato a trovare un nuovo approccio nei confronti nell'industria cinematografica che lo ha lasciato indietro.

Ma perché lo ha lasciato indietro? Perché, come Norma Desmond in Viale del Tramonto, è un attore rimasto nel passato, in cui dominavano i film muti. (L'attore, George Valentine, mi ricorda mio nonno, un chirurgo e professore spaventato dall'uso degli archivi telematici nelle biblioteche.) La tragedia di Valentine sta nel fatto che il suo pubblico lo ha abbandonato per le meraviglie della nuova tecnologia. Il relativamente cordiale capo dello Studio – i vertici, i produttori e i registi sono ritratti come traditori senza cuore nella maggior parte dei film di Hollywood – interpretato da John Goodman, ritira facilmente Valentine dalla sua posizione preminente perché il pubblico non vuole più ciò che ha da offrire. L'ironia del film è che si utilizzano proprio le antiche tecniche del cinema muto per raccontare che Valentine deve superare questa paura e l'orgoglio ed accogliere il nuovo. L'idea che Valentine si debba adattare alla tecnologia e non la tecnologia a Valentine vale per ogni attore, tecnico o chiunque lavori nel cinema.


Uno dei tanti film usciti quest'anno che ha accolto la nuova tecnologia è Il Gatto con gli Stivali. È un film in 3-D in computer-grafica che utilizza ogni mezzo possibile per portare lo spettatore in un mondo miracoloso e in avventure che non era possibile immaginare prima, almeno non in questo modo. Utilizza la storia di Perrault, ma cannibalizza anche le storie di Humpty Dumpty (però aggiungendogli un secondo nome un po' più dignitoso, "Humpty Alexander Dumpty") e Jack e Jill, che qui sono cattivi assassini. La storia di Jack e il Fagiolo Magico è utilizzata come una leggenda strutturale per sfidare i personaggi e mi ha ricordato un'altra versione del racconto: nel 1902, Edwin S. Porter ha fatto un film su Jack e il Fagiolo Magico utilizzando tecniche innovative – doppia esposizione, animazione, illusioni ottiche – imparate dai film di Marie-Georges-Jean Méliès (non a caso, un personaggio dell'ultimo film di Scorsese, Hugo), i cui effetti speciali erano così incredibili da essere considerato un mago. A causa della tecnologia, il film di Porter ha dato al pubblico un nuovo tipo di esperienza e nuova linfa vitale ad una storia centenaria. È esattamente questo che accade nel Gatto con gli Stivali (e The Artist raggiunge lo stesso risultato con il processo inverso: raccontare una storia tradizionale con vecchie tecniche). In entrambi i film, storie ben note hanno una nuova patina grazie alla tecnologia. Si può dire che Avatar e James Cameron sono ora i nuovi innovatori che una volta erano Méliès e il suo Viaggio sulla Luna (1902).

Ma da attore, io mi chiedo, proprio come The Artist si chiede: che succede agli interpreti quando la tecnologia avanza? Il Gatto con gli Stivali rappresenta una risposta adeguata alla domanda posta da The Artist: il lavoro degli attori è ricondotto e inglobato nella tecnologia. The Artist è un film su un attore che non può usare la sua voce nei film e Il Gatto con gli Stivali è un film animato che usa solo voci di attori famosi (Antonio Banderas, Salma Hayek, Zach Galifianakis, Billy Bob Thornton, Amy Sedaris). L'animazione è stata parte della storia del cinema sin dalle origini e l'animazione con il sonoro è nata quasi in contemporanea con il cinema sonoro, il primo è stato Biancaneve nel 1937. Ma è solo con Aladdin (1992) e Toy Story (1995) che attori famosi hanno prestato le loro voci riconoscibili ai personaggi con regolarità. Le personalità degli interpreti sono oggi una parte fondamentale nel cinema d'animazione e, con l'avanzare delle tecniche dell'animazione computerizzata, l'immagine somiglierà sempre di più alla realtà. Presto – in realtà si è già iniziato, vedi Tintin – non saranno solo le voci degli attori a servire agli animatori; serviranno tutti gli aspetti di una vera performance. Magari tra cent'anni qualcuno farà un sequel di The Artist, girato in uno stile retrò con interpreti in carne e ossa e racconterà di attori che hanno paura della passaggio alla tecnica della computer-grafica nei film del ventunesimo secolo. 

Testo di James Franco per The Paris Review
Traduzione di Chiara Fasano per James Franco Italia

16 commenti:

  1. Rompo il ghiaccio per dire che mi è piaciuta molto l'analisi di questi due film, ancora più delle precedenti recensioni. Non vedo l'ora di vedere "The Artist"; qualcuno di voi l'ha visto?

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  2. No, io me lo sono perso.^
    Amche a me è piaciuta molto questa analisi, in ogni suo punto, e i parallelismi che fa sono incredibili.
    Poi nell'articolo c'è la prova provata che quest'uomo ha una cultura non indifferente. Noi non avevamo dubbi al riguardo, ma spero che faccia riflettere quegli idioti che lo prendono per presuntuoso o peggio...

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  3. Tocca un punto cruciale che mi interessa molto. Lo diceva anche Hitchcock che conta più il "come" de il "cosa" riprendere. Questo oggi vale ancora di più, e con storie che inevitabilmente finiscono col ripetersi, se il mezzo aiuta a dare un'impronta personale, ben venga!

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  4. Il rischio però è che ci si culli su questa convinzione e non ci si sforzi nemmeno di inventare storie nuove.
    Io sono un po' stanca di remake, prequel e sequel... E' sempre più raro trovare soggetti originali che non siano cinema indipendente...

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  5. Un attimo però, non parlo tanto di 3D and Co. Quando penso all'uso del mezzo, mi viene in mente "Drive" e la scena in ascensore, giusto per citare qualcosa di recente. Storia elementarissima, ma risultato enorme.

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    1. Ottimo film Drive! Quel tono un pò noir, le musiche , le poche parole del protagonista... nonostante la violenza, in qualche modo il tutto gli dà un tocco delicato. A mio parere è uno dei migliori film del 2011.

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    2. Senza dubbio! E a causa della nostra distribuzione, quest'anno abbiamo avuto un altro bellissimo film di Refn, datato 2008, BRONSON. E' un regista da tenere d'occhio.

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    3. E' quello con Tom Hardy, vero? Non l'ho ancora visto ma è nella lista. ;)

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    4. Esatto!! Film enorme e con un'interpretazione mozzafiato.

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  6. Ah, ok, in quel caso è diverso allora. Hai ragione, la scena dell'ascensore è un esempio calzante, la forza di Drive sta proprio negli esperimenti registici. :)
    Però non so, sarò come il nonno di James, ma se dovessi scegliere tra una storia solida e originale raccontata con uno stile tradizionale e una storia che non dice niente di nuovo ma si sono usati mezzi innovativi io sceglierei la prima opzione. Inutile dire che l'ideale sarebbe avere le due cose insieme. Forse Tarantino è uno dei pochi fin ora ad esserci riuscito. Che ne dici?

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    1. Ti rispondo "dipende". Sono stato svezzato dal cinema della Golden Age hollywoodiana e quindi amo i film "di sceneggiatura", però il cinema per me è soprattutto visione, quindi davanti ad un regista che si fa sentire, io capìtolo sempre. Concordo su Tarantino!

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  7. Rimando la lettura a domani sera dopo aver visto The Artist. ;)

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    1. Attendo un tuo parere sul film! ;)

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    2. Wow...davvero molto belle queste 2 recensioni!C'è un qualcosa di più personale=)Comunque io sono molto curiosa di vedere The Artist(e non solo per i fantastici costumi e atmosfere anni 20 che adoro) perchè non vedo l'ora di vedere all azione Bérénice Bejo...che tra l'altro è anche la moglie di Hazanavicious!

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  8. Ho visto The Artist. Davvero molto bello; simpatico, sincero, "frizzante" direi, un gioellino. Colonna sonora meravigliosa, Dujardin e la Bejo sublimi, il cagnolino (è importante pure lui!) comico e adorabile.
    Come ha detto James, la storia è semplicissima e non racconta niente che non sia già stato visto, ma è il modo in cui è narrata ad essere diverso e curioso, a renderlo in un certo senso originale. Originale oggi, nel 2012, per quanto possa suonare paradossale, perché all'epoca sarebbe probabilmente stato un film come tanti altri.
    Muto, bianco e nero, è un vero e proprio ritorno al passato, e il messaggio che vuole trasmettere è duplice. Da una parte, attraverso la storia del protagonista, invita ad accogliere le nuove tecnologie dell'industria cinematografica; dall'altra, attraverso la tecnica del film stesso, invita ad apprezzare comunque le passate tecnologie nonostante quelle avanzate del giorno d'oggi. Ovviamente parla della vita dell'artista, ma anche di successo e decadenza e dell'evoluzione del cinema.
    Io personalmente l'ho trovato piuttosto speciale, per cui ve lo consiglio. :)

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    1. Oh che meraviglia, non vedo l'ora di vederlo. Ieri ha trionfato ai Golden Globe!

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