Da circa due settimane James collabora con l'Huffington Post scrivendo un blog personale. James Franco Italia traduce in esclusiva per voi i suoi post. Iniziamo dal primo: "Gimme Some Shelter".
10 maggio - Ho passato il weekend a New York City. Ho preso l'aereo delle 06.00 di mattina da New Orleans, sono atterrato all’aeroporto di La Guardia e sono andato direttamente nel Queens, dove i miei studenti della NYU stavano girando l'ultimo dei segmenti del loro film basato sulla raccolta del 1984 del poeta Stephen Dobyns, Black Dog, Red Dog. Questo segmento è ispirato ad una poesia intitolata “The Gun”, in cui due ragazzi senza supervisione di adulti leggono fumetti e fumano sigarette fin quando uno dei due punta la pistola contro l'altro e gli ordina di togliersi i pantaloni. La camera accanto a quella del set apparteneva a una delle figlie del padrone di casa e al muro era appeso un gigantesco poster di una boy band di cui non avevo mai sentito parlare, chiamata qualcosa come Really Big Rush. Mentre gli studenti stavano preparando il set, ho preso un libro dallo scaffale della ragazza. Ce n'erano due tra cui scegliere, e voi penserete che io abbia preso quello intitolato "The Clash" – fuori contesto, in una camera piena di pop adolescenziale – ma invece ho optato per "Burning Up: in tour con i Jonas Brothers". Era pieno di foto dei ragazzi dai capelli ricci in tourné. Quel che è certo è che hanno molti fans, sebbene solo adolescenti.
10 maggio - Ho passato il weekend a New York City. Ho preso l'aereo delle 06.00 di mattina da New Orleans, sono atterrato all’aeroporto di La Guardia e sono andato direttamente nel Queens, dove i miei studenti della NYU stavano girando l'ultimo dei segmenti del loro film basato sulla raccolta del 1984 del poeta Stephen Dobyns, Black Dog, Red Dog. Questo segmento è ispirato ad una poesia intitolata “The Gun”, in cui due ragazzi senza supervisione di adulti leggono fumetti e fumano sigarette fin quando uno dei due punta la pistola contro l'altro e gli ordina di togliersi i pantaloni. La camera accanto a quella del set apparteneva a una delle figlie del padrone di casa e al muro era appeso un gigantesco poster di una boy band di cui non avevo mai sentito parlare, chiamata qualcosa come Really Big Rush. Mentre gli studenti stavano preparando il set, ho preso un libro dallo scaffale della ragazza. Ce n'erano due tra cui scegliere, e voi penserete che io abbia preso quello intitolato "The Clash" – fuori contesto, in una camera piena di pop adolescenziale – ma invece ho optato per "Burning Up: in tour con i Jonas Brothers". Era pieno di foto dei ragazzi dai capelli ricci in tourné. Quel che è certo è che hanno molti fans, sebbene solo adolescenti.
Queste legioni di fans teenagers mi fanno pensare ai fans dei Beatles. Ricordiamo i Beatles per i loro classici immortali amati da un pubblico di ogni età, ma pensate ai ragazzi urlanti nella folla del Ed Sullivan: non avevano la stessa età degli accaniti fans di Justin Bieber oggi? Non sono gli adolescenti il motore dietro alla maggior parte degli album campioni di incassi o dei blockbuster hollywoodiani? Ma quello che accade è che l'enorme numero di fans adolescenti si traduce in un enorme numero di vendite e i soldi sono ciò che il mondo apprezza. Quando un prodotto vende, viene automaticamente considerato un buon prodotto, senza pensare a chi è che lo acquista. E questo tipo di giudizio critico basato sul successo commerciale è presente nel cinema, nella musica e nell'arte. Chi lo sa se The Avengers, The Hunger Games o la saga di Harry Potter sono dei buoni prodotti? Sono diventati qualcosa di più che dei semplici film. Sono dei fenomeni culturali, proprio a causa degli incassi da record. Si può dire lo stesso sui lavori di Justin Bieber, Lady Gaga e Damien Hirst, così come su tutto ciò che ha a che fare con Twilight. Non sto dicendo che sono scarsi prodotti, solo che è diventato impossibile giudicare i loro meriti senza guardare attraverso la lente dei loro incredibili successi commerciali.
A New York ho partecipato alle riprese dello show del Sundance Channel "Iconoclasts" con Marina Abramovic. Abbiamo girato a casa sua, mi ha trasformato in una statua d'oro (Strano? Appropriato? Ridicolo? Bello?) e poi siamo andati al Met Ball insieme. Entrambi in smoking. Il giorno seguente sono tornato a New Orleans con la mia amica Nana, che mi fa i capelli per il film, e siamo atterrati verso le 22.00. Nana ha notato nella mia borsa dei DVD dei fratelli Maysels dalla Criterion Collection (Gray Gardens, Salesman e Gimme Shelter) che uno dei miei studenti della NYU mi aveva restituito.
A New Orleans io e Nana abitiamo in due appartamenti all'interno di un complesso nel quartiere francese; ha detto che voleva vedere il documentario sugli Stones, "Gimme Shelter", e anche se l'avevo visto cinque volte, mi sono messo sul suo divano e le ho detto di metterlo su. Nana pensava fosse un film-concerto: "Oh, non è quello di Scorsese?". Ma le ho detto che non sarebbe stato ciò che si aspettava. E non era nemmeno ciò che i Maysels stessi si aspettavano. Quello che era iniziato come un film sul concerto dei Rolling Stones, una sorta di seguito al loro precedente The Beatles: The First U.S. Visit, si è trasformato in un documentario alla Zapruder che suona le campane a morto per il "flower power" degli anni ‘60.
Considerata l'ora tarda, la lunghezza della giornata, la mia attitudine ad addormentarmi praticamente ovunque (io e Nana ci siamo addormentati l'uno sull’altra durante la proiezione di mezzanotte di The Avengers), mi sono stupito di essere rimasto sveglio durante il film. Ma che film! Che opera d'arte. I personaggi sono dieci volte più strani dei personaggi di finzione; la tensione è dieci volte maggiore di ogni reality show, perché nulla di ciò che succede è posto in essere dal regista. I Maysles erano i maggiori esponenti del movimento 'Direct Cinema', che usava un approccio basato sull'osservazione e rifiutava il tipico stile di narrazione "voce di dio". Il film è su diversi livelli. I Mysles non hanno usato solo il tremendo evento di quel concerto, ma hanno anche fatto vedere le immagini girate agli Stones stessi e filmato le loro reazioni. Mick Jagger ha il volto pietrificato, come chiunque se venisse ripreso a guardare un assassinio. Senza il commento di una voce fuori campo, lo scontro tra gli Hell's Angels e la folla si intensifica, i motociclisti colpiscono gli hippies con stecche da biliardo rotte, picchiano i membri del Jefferson Airplain, tirano fuori pistole e coltelli, uccidono. Non è sensazionalismo – i Maysles non erano alla ricerca di nulla del genere – ma questi eventi atroci sono diventati il centro del film.
Per quanto mi riguarda, questo materiale mi sconvolge venti volte di più di mille morti create al computer. C'è una visione della celebrità, dei fans, della cultura di massa e della violenza alla base di tutto. Mentre guardavo mi domandavo chi avesse ragione, chi fosse più duro, chi meno. Gli Hell's Angels sono raffigurati nella gloria delle loro vesti di pelle nera, gli Stones sono giovani e all'apice della loro carriera, i fans sono liberi e belli, ma sono i Maysles, gli occhi e le orecchie che captano ogni singola momento, a dominarli tutti.
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